domenica 31 gennaio 2010

IN AUSTRALIA UNA CITTADINA METTE AL BANDO L'ACQUA IN BOTTIGLIA

AUSTRALIA: CITTADINA ECO-CONSAPEVOLE METTE AL BANDO L’ACQUA IN BOTTIGLIA


Thursday, July 9th, 2009

[Da Corriere.it]







«Non siamo un gruppo di Verdi deliranti», assicurano. Ma la scelta della comunità di Bundanoon [paesino australiano di 2.500 anime e meta turistica a sudovest di Sydney] ha aperto una discussione in molte altre città. I residenti hanno deciso di bandire l’acqua delle bottiglie di plastica e di tornare all’utilizzo di contenitori riciclabili da riempire al rubinetto e alle fontanelle. «Un modo per impegnarci come comunità a favore dell’ambiente». La proposta è stata adottata a grandissima maggioranza da un’assemblea di cittadini convocata dal Comune. E la scelta ha ricevuto il plauso di tutte le associazioni ambientaliste. I negozianti locali hanno promosso il divieto, rinunciando ai proventi delle vendite, pur di combattere la pesante produzione di gas serra, associata con l’imbottigliamento e il trasporto attraverso il Paese. «L’industria delle bevande ha realizzato una grande campagna di marketing, vendendo qualcosa che si può avere gratis», ha detto Huw Kingston, titolare di un caffè. La decisione di Bundanoon ha ispirato con effetto immediato il governo del Nuovo Galles del sud, di cui Sydney… [... Leggi tutto l'articolo su Corriere.it]

martedì 26 gennaio 2010

INAUGURATO A SIENA IL MUSEO DELL'ACQUA

Il Museo dell'Acqua






A Siena s'inaugura "il museo dell'acqua", un museo-laboratorio che racconta come la città veniva rifornita d'acqua, svelando la complessità delle opere di ingegneria idraulica. L'articolata rete di acquedotti sotterranei dalla caratteristica volta a "botte" delle gallerie, (bottini) alte fino a 1,80 metri e larghe 0,90 m. fino a poco tempo fa svolgeva la sua regolare funzione rifornendo d'acqua fonti e pozzi sparsi in tutta la città.



Realizzata tra il XII e il XV secolo grazie all'impegno di importanti ingegneri senesi come Mariano di Iacopo, detto il Taccola e Francesco di Giorgio, che lasciarono nei loro tratti le testimonianze di grandi abilità tecnologiche, fu costruita per garantire l'approvvigionamento idrico in una delle zone della Toscana più povere d'acqua.



La mostra, descrive le tecniche e gli strumenti impiegati per la realizzazione della rete dei bottini ed i progetti più o meno fantasiosi di ingegneria idraulica che furono sviluppati per affrontare la carenza d'acqua. Il Museo, che aprirà i battenti mercoledì 27 gennaio dimostra quanta parte della storia, della struttura di Siena e della memoria dei senesi siano legate al sistema dell'acqua che si nasconde sottoterra.



Il progetto ha avuto un contributo della Regione Toscana nell'ambito del "Programma pluriennale degli interventi strategici nel settore dei beni culturali". Visitare e scoprire gli ambienti del museo implica "percorrere" itinerari sotto/sopra la città e il territorio, cogliendo una molteplicità di relazioni tra natura-geologia-arte-ingegneria, frammenti di memoria, storie ed uso dei luoghi. "Un nuovo spazio aperto per la città - dice Fabio Minuti, assessore all'Urbanistica - un luogo in cui si valorizza e si rende viva la storia di Siena e del suo territorio".



"L'invenzione e la costruzione dei bottini, infatti, sono presentati nella loro ingegneria, ma anche nelle loro storie e memorie perché questi stessi luoghi vivano nel quotidiano dei senesi e dei viaggiatori. In questo senso il Museo rende i visitatori protagonisti attivi, non solo spettatori, in cui è possibile incontrare rigore scientifico, ma anche soddisfazione e stimoli per curiosità e fantasia".

NUOVO DISEGNO DI LEGGE SULL'USO DEI FITOSANITARI

Presentato il ddl per la regolamentazione dell’uso dei fitosanitari






Presentato il disegno di legge sull'uso di pesticidi in agricoltura firmato da un gruppo di senatori del Pd, su iniziativa del senatore Francesco Ferrante. Il ddl, "Delega al Governo per Nuove norme per l'utilizzo dei prodotti fitosanitari in Agricoltura", ha l'obiettivo di "tutelare la salute e l'ambiente esaltando la qualità del Made in Italy" ha detto Ferrante illustrando il provvedimento, nato con il supporto di Legambiente e Movimento Difesa del Cittadino e che raccoglie anche l'adesione di esponenti di Svp.



"Con questo disegno di Legge, nello spirito delle recenti direttive europee che già prevedono che gli Stati membri adottino piani nazionali per l'uso sostenibile dei fitofarmaci, vogliamo ridurre, entro l’1 gennaio 2013, la dipendenza dall'utilizzo dei pesticidi e regolamentare la fase dell'impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura" ha detto ancora Ferrante nel corso di una conferenza stampa cui hanno preso parte il presidente di Movimento Difesa del Cittadino, Antonio Longo, e il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani.



"Metodi alternativi e più sostenibili sono possibili e già praticati, le norme europee -ha aggiunto Ferrante- tracciano la strada giusta ma oggi abbiamo bisogno di regole certe che entrino in vigore in tempi ragionevoli ma definiti e di sistemi che sostengano concretamente l'agricoltura di qualità". E che la situazione sia critica lo rilevano i rapporti elaborati annualmente da Movimento Difesa del Cittadino e Legambiente, "Italia a tavola" e "Pesticidi nel Piatto", che, su analisi svolte dai laboratori pubblici provinciali e regionali, hanno riferito che su 8.764 campioni 109 sono risultati irregolari (1,2% del totale), in leggero aumento rispetto al 2008 (1%), mentre su 2.410 campioni, pari al 27,5%, è stata rilevata la presenza di uno o più residui.



Sempre secondo i rapporti sui residui di pesticidi nel cibo che arriva sulle tavole dei consumatori di Movimento Difesa del Cittadino e Legambiente, nel 2009 è aumentata, rispetto al 2008, anche la percentuale di campioni con uno o più residui tra i prodotti derivati (19,5%) e nelle verdure (16,3%). Nella frutta, su 3.507 campioni, 81 (il 2,3%) sono irregolari con residui al di sopra dei limiti di legge (+0,7% rispetto al 2008). I campioni di frutta regolari con uno o più di un residuo chimico risultano pari al 43,9%, quindi "solo poco più di un frutto su due, pari al 53,8%, tra quelli che arrivano sulle nostre tavole, è privo di residui chimici" affermano i rapporti di Legambiente e Mdc.



"L'iniziativa di Ferrante -ha sottolineato il presidente di Mdc, Antonio Longo - è molto opportuna e la condividiamo pienamente perché garantire ai consumatori la migliore sicurezza alimentare possibile deve essere una priorità per tutta la filiera, a cominciare dagli agricoltori". "Il successo dei prodotti biologici -ha proseguito Longo- è la dimostrazione che le famiglie sono disposte anche a spendere qualcosa in più per avere ortofrutta sicura".



"L'adozione del principio di precauzione - ha sottolineato il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani - risulta ormai inderogabile. è necessario intervenire, per esempio, per modificare i modelli di riferimento utilizzati nel calcolo dei limiti di concentrazione dei residui consentiti per tutelare meglio la salute dei bambini e adottare efficienti modelli di analisi del multiresiduo che possano valutare la tendenza di alcuni agrofarmaci a rilasciare nell'ambiente residui potenzialmente nocivi per la salute umana ma anche dell'ambiente e degli animali".



Nel tracciare il quadro della presenza di pesticidi sugli alimenti che arrivano sulle tavole degli italiani, Ferrante, Longo e Ciafani hanno riferito che "tra i prodotti che presentano contemporaneamente residui di diverse sostanze chimiche, i cui effetti sinergici sulla salute dell'uomo e sull'ambiente andrebbero adeguatamente verificati, solo per fare qualche esempio, in due campioni di uva analizzati in Sicilia e Puglia sono stati rilevati, rispettivamente, 9 e 7 diverse sostanze chimiche, così come 7 sostanze sono state rinvenute anche su una mela analizzata in Campania e su un peperone in Sicilia e ben 6 principi attivi su una sola fragola in vendita in Puglia".



Su una mela, un pomodoro e in un campione di vino, ha detto Ferrante nel corso dell'incontro a Palazzo Madama, "sono stati rintracciati anche residui di Procimidone, un fungicida della classe dei Distruttori endocrini, già considerato come possibile cancerogeno dall'Epa, l'Agenzia americana per la protezione ambientale". "Come facciamo a garantire ai consumatori che quello che arriva a tavola è sicuro? Bisogna intervenire con una norma" ha detto ancora il senatore del Pd che riferisce di aver "aperto un discorso anche con la maggioranza" e che nel ddl non "si parla di biologico", settore per il quale "e' già in discussione un ddl ad hoc in Commissione Agricoltura".



Tavola ma non solo. Tra i punti cardine del provvedimento presentato oggi si prevede anche di vietare l'uso di pesticidi in aeree specifiche tra cui parchi e cortili delle scuole, eliminare il rischio d'inquinamento conseguente all'uso di pesticidi di falde acquifere e sorgenti di acqua potabile, vietare a chiunque l'utilizzazione di prodotti fitosanitari se l'area è confinante con una coltivazione biologica. E non solo.



Il ddl sui pesticidi ha l'obiettivo, infatti, di proteggere anche l'attività pronuba degli insetti impollinatori attraverso adeguate precauzioni. Il provvedimento, inoltre, indica di adottare misure volte a promuovere programmi di informazione e di sensibilizzazione sul tema dei pesticidi.



"Novità del ddl rispetto alle norme europee è sui residui. Adottare modelli efficienti di analisi sull'uso residuo di pesticidi consente un passo avanti" ha rilevato Ciafani di Legambiente. "Occorre modificare -ha aggiunto- i metodi di legge con cui sono definiti i limiti. Valutarli su un uomo di 60 chili può lasciare aperte importanti lacune mentre il ddl apre a riferimenti più ampi e realistici".

IL SOLFURO DI GALLIO PER NEUTRALIZZARE IL CESIO 137

Scoperta la trappola per il cesio radioattivo






Una nuova sostanza in grado di catturare l'isotopo radioattivo del cesio (cesio-137) è stata messa a punto dai chimici della Northwestern University, in modo da rendere innocui gli isotopi di questo elemento prodotti nelle centrali nucleari. Infatti, il Cesio 137 è un residuo della fissione particolarmente pericoloso e difficile da maneggiare.



La cosiddetta “trappola per cesio”, secondo lo studio pubblicato da Nature Chemistry del 24 gennaio, è una sorta di gabbia molecolare formata da un solfuro di Gallio che è in grado di richiudersi dopo aver intrappolato l'elemento radioattivo.



Il team di Mercouri Kanatzidis, coautore dello studio spiega che il solfuro, utilizzato dai ricercatori, in acqua forma una struttura porosa, con delle finestre che hanno al centro uno ione carico positivamente. Come accade anche per le resine a scambio che purificano l'acqua, il catione è in grado di uscire e lasciar entrare un altro elemento carico positivamente, in questo caso il Cesio disciolto sotto forma di sale.



Con grande sorpresa, però, lo studio ha dimostrato che non solo la finestra è della grandezza perfetta per il Cesio e rifiuta cationi più grandi o più piccoli, ma una volta entrato questo elemento si richiude intrappolandolo. La scoperta permetterà di separare e stoccare più facilmente il Cesio radioattivo.



Per

venerdì 22 gennaio 2010

NUOVO DISSALATORE A MEMBRANA PER PRODURRE ACQUA POTABILE

Ricerca su un innovativo dissalatore solare a membrana




Un dissalatore solare a membrana, strumento innovativo, economico, di facile uso, ecosostenibile e in grado di fornire acqua per usi civili utilizzando quella marina senza dover ricorrere a fonti di energia esterne, è in fase di sviluppo sulla base di un progetto di ricerca diretto dal professore Valerio Brucato del dipartimento di Ingegneria chimica dell'Università di Palermo in partnership con l'Università di Tunisi, e finanziato dall'assessore regionale alla Presidenza, Giovanni Ilarda, nel quadro delle iniziative di cooperazione internazionale.

L'iniziativa comprende progettazione, costruzione e valutazione della funzionalità di un'unità di dissalazione di acqua marina, alimentata esclusivamente con energia solare e capace di produrre circa 200 litri di acqua dissalata al giorno, nella fase sperimentale. Le prove verranno condotte in Tunisia e sulle isole siciliane. Poi dovrebbe iniziare la produzione industriale. La distillazione a membrana si presta all'uso in insediamenti urbani ed extraurbani o industriali con unità di piccole o medie dimensioni che possono essere dislocate in aree isolate, non servite dalla rete elettrica o difficilmente rifornibili con combustibili convenzionali.

Essendo modulare, trasportabile e autonoma, l'apparecchiatura è particolarmente idonea alla gestione delle emergenze e quindi ha un potenziale impiego di protezione civile. Nel realizzare il prototipo, su indicazione dell'assessore, si dovrà privilegiare l'uso di componenti costruiti, distribuiti o assemblati da aziende siciliane, due delle quali, contattate dall'Università di Palermo, hanno già aderito al progetto. Il dissalatore solare rappresenterà un utile strumento per le piccole comunità o per quelle isolate e la sua produzione in scala industriale, dopo la sperimentazione, ne abbatterà i costi di acquisto e di esercizio.

sabato 16 gennaio 2010

MERCURIO NEL MEDITERRANEO PIU' CONCENTRATO CHE NELL'ATLANTICO

Mediterraneo: allarme mercurio Il metallo nei nostri mari è in quantità maggiori che nell'Atlantico






Mediterraneo: allarme mercurio

Il metallo è presente nei pesci dei nostri mari in quantità maggiori di quelle riscontrate nella fauna ittica dell'Atlantico. Ma il rischio è globale: circa 4.500 le tonnellate annualmente rilasciate in atmosfera, di cui 2.250 da attività industriali. I Paesi asiatici contribuiscono per il 40%. I dati in un volume curato da Nicola Pirrone dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr



“Il Mediterraneo è interessato da fenomeni di inquinamento da mercurio comparabili (e spesso ben maggiori) a quelli riscontrati nelle acque atlantiche. Ad aggravare la situazione sono anche i cambiamenti climatici che influenzano in modo determinante i tempi di residenza in atmosfera del mercurio. La forte irradiazione solare, le elevate concentrazioni di ozono e di particolato atmosferico creano, infatti, una ‘miscela' che provoca la formazione di mercurio reattivo, ossia più facilmente trasferibile dall'atmosfera alle acque superficiali del Mediterraneo. Per molto tempo è stata un'emergenza ignorata, benché nel corso degli ultimi 15 anni la comunità scientifica internazionale e gli Enti preposti alla tutela e alla salvaguardia della salute pubblica abbiano mostrato una crescente attenzione agli effetti dannosi derivanti da tale inquinamento”. Nicola Pirrone, dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr di Rende (CS), illustra alcuni dati del volume Dynamics of Mercury Pollution on Regional and Global Scales - Atmospheric Processes and Human Exposures around the World” di prossima uscita, edito da Springer-Verlag di New York, di cui è il curatore. Il libro raccoglie, tra gli altri, i risultati delle ricerche condotte dall' Iia - Cnr negli ultimi otto anni, nell'ambito di una serie di progetti internazionali ed europei riguardanti l'inquinamento da mercurio nelle regioni del Mediterraneo, dell'Artico e dell'Antartide. Dalla comparazione dei dati risulta un'anomalia che necessita di ulteriori indagini per meglio comprendere il ciclo di questo metallo nel sistema marino: “Mentre nel Mediterraneo la concentrazione nell'acqua risulta inferiore a quella dell'Atlantico “spiega Pirrone “ nei pesci del mare nostrum la concentrazione è superiore a quella della fauna ittica atlantica”. Le cifre contenute nel volume danno l'esatta dimensione dell'allarme lanciato a livello mondiale, anche in relazione al crescente sviluppo dei Paesi dell'Est asiatico, dove mancano misure per il controllo ambientale. “Attualmente su scala globale” spiega Pirrone “vengono rilasciate in atmosfera circa 4.500 tonnellate annue di mercurio, di cui 2.250 derivanti da attività industriali e il resto da sorgenti naturali. Il trend è in crescita, soprattutto nei Paesi asiatici che complessivamente contribuiscono per il 40% delle emissioni globali: circa 1000 tonnellate all'anno. Una volta in atmosfera, questo metallo si deposita sui corpi recettori terrestri e acquatici, determinando un notevole impatto sulla catena alimentare. Il ‘Position Paper sul Mercurio' preparato per la Commissione Europea , ( http://www.europa.eu.int/comm/environment/air/ ), da cui sono derivate la ‘Strategia Europea sul Mercurio' e la relativa ‘Direttiva Europea sulla Qualità dell'Aria', ha evidenziato la gravità del problema. Basti ricordare i disastri di Minamata in Giappone (1953-1960), in Iraq (1956-1960) e, in anni recenti, nel triangolo industriale di Priolo-Agusta-Melilli, che hanno rivelato quanto terribili possano essere gli effetti della dispersione del mercurio. Questo metallo è impiegato massicciamente anche nei processi produttivi (es. impianti di soda caustica) e come componente di base di una vasta gamma di beni di largo consumo (es. dispositivi elettronici, termometri, materiale ospedaliero)”.

I primi casi documentati di inquinamento da mercurio risalgono già alla prima metà dell'800, durante ‘la febbre dell'oro' esplosa in Nord America, ma ancora diffusa in molti Paesi produttori d'oro come Laos, Vietnam, Brasile, Tanzania e Venezuela.

“Il libro” conclude Pirrone “fornisce un quadro completo ed esaustivo sui vari aspetti inerenti i processi dinamici che influiscono sul ciclo del mercurio in atmosfera su diverse scale spaziali e temporali. Vengono esaminati: l'impatto del metallo sugli ecosistemi acquatici e terrestri e le metodiche sviluppate negli ultimi anni per la caratterizzazione chimio-fisica di campioni. Sono inoltre presi in considerazione i maggiori meccanismi di esposizione e i rischi che ne conseguono per diversi gruppi di popolazione, nonché i possibili rimedi di tipo legislativo e tecnologico, e le carenze conoscitive che sarà necessario colmare nei prossimi anni”.

MODIFICA SULLA DISCIPLINA IN TEMA DI SCARICO DI ACQUE REFLUE

Scarico acque reflue: sanzioni previste Codice Ambiente in revisione






Il Consiglio dei Ministri n. 57 del 24 luglio 2009, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, ha approvato un disegno di legge che modifica la disciplina sanzionatoria in tema di scarico di acque reflue industriali prevista dall'articolo 137, comma 5, del Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006 - Norme in materia ambientale).



Tale modifica riconduce l’ambito della sanzione penale alle sole ipotesi di violazione più grave (sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 del Codice), mantenendo la sanzione amministrativa, peraltro economicamente rilevante, per le rimanenti violazioni. Viene così risolto il problema connesso a un recente orientamento giurisprudenziale, sia pure minoritario, derivante dall’interpretazione di tale norma in ordine alla sanzione applicabile, la cui formulazione ha generato incertezza.



Secondo il summenzionato articolo 137, comma 5, del Codice dell'ambiente (in tal modo modificato) "chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da 3.000 euro a 30.000 euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da 6.000 euro a 120.000 euro".

mercoledì 13 gennaio 2010

I SATELLITI MONITORIZZANO IL MAR CASPIO ALLA RICERCA DELL'INQUINAMENTO DA IDROCARBURI

Individuato con i satelliti l’inquinamento petrolifero






È stato recentemente portato a termine il progetto della ScanEx Centro Ricerca e Sviluppo per conto della Lukoil-Nizhnevolzhskneft Company per il monitoraggio satellitare di inquinamento da idrocarburi nel Mar Caspio settentrionale. L'obiettivo del progetto era quello di rilevare l'inquinamento sulla superficie del Mar Caspio settentrionale con prodotti petroliferi e di identificare le possibili fonti di inquinamento causate dall’installazione di piattaforme fisse della Yuri Korchagin.



Lo studio si è basato sulla tecnologia “multi - satellite monitoring ScanNet” sviluppato da ScanEx RDC applicato al fine di garantire un'elevata probabilità di rilevamento di inquinamento da idrocarburi e l'identificazione delle cause.



I componenti principali della tecnologia sono i seguenti:



Elevata frequenza di acquisizione (1 seduta per 2 giorni in media) realizzati attraverso l'uso di due satelliti con sensori radar a bordo RADARSAT-1 (Canada) e ENVISAT-1 (European Space Agency);

Sistemazione di ricezione diretta delle immagini da satellite in Russia e il loro trattamento informatico quasi in tempo reale in modalità;

Tempestiva consegna del prodotto al richiedente tramite il servizio web.

Al fine di assicurare un’operatività elevata, l'Ufficio di Mosca della ScanEx ha effettuato la ricezione e l'elaborazione 24 ore su 24 delle immagini radar. Le informazioni satellitari, una volta realizzata la trasformazione tematica in tempo reale, sono state consegnate agli specialisti di Lukoil-Nizhnevolzhskneft tramite il web service Lukoil-Kosmosnimki, basato sulla tecnologia web locale GeoMixer.



Dall’1 agosto al 30 novembre2009, sono state completate 64 sessioni operative di ricezione di immagini satellitari del Mar Caspio settentrionale (periodo medio di rivisitazione inferiore a 48 ore), con la ricezione e trasformazione di 45 immagini RADARSAT-1 (risoluzione spaziale di 50m) e 19 immagini di ENVISAT-1 (150m). La mappa mostra la distribuzione spaziale integrata delle mappe marine dove si trovavano chiazze di petrolio e inquinamento da tensioattivi rilevati utilizzando satelliti RADARSAT-1 ed ENVISAT-1 da agosto a novembre 2009.



Al fine di assicurare un'alta frequenza del monitoraggio in mare aperto del Caspio settentrionale, il progetto ha utilizzato ottica a immagini multi-spettrali ottenute dai satelliti Terra, Aqua, Landsat-5 (USA) e immagini ad alto dettaglio di EROS-A / B (Israele). In particolare, i dati di Landsat-5 sono stati utilizzati per l'identificazione della natura di alcune chiazze e per la convalida della presenza di chiazze di petrolio nelle immagini radar.



A scopo dimostrativo, e-GEOS (Italia) e MDA (Canada) hanno fornito immagini radar ottenute grazie ai nuovi satelliti RADARSAT-2 (Canada) e COSMO-SkyMed (Italia).



Chiazze di petrolio di natura antropica sono state delineate in diciassette immagini radar. Non è stato rilevato inquinamento da idrocarburi nelle aree di licenza di LUKOIL-Nizhnevolzhskneft durante tutto il periodo di monitoraggio.



La causa principale dell'inquinamento rilevato è dovuta allo scarico dalle navi di acque inquinate e di prodotti petroliferi; questo dato si evince dalla caratteristica forma e della posizione delle chiazze nei pressi delle vie di circolazione. La superficie dei versamenti più grandi era di 2-3 km quadrati. Alcune immagini satellitari sono state utili nel rilevare anche le navi protagoniste del versamento.



Sulla base delle analisi geospaziali della distribuzione dell'inquinamento da idrocarburi rilevato in mare, l'ancoraggio marino di Astrakhan è risultato la superficie più inquinata, essendo anche connesso alle vie di comunicazione che legano i porti del bacino del Mar Caspio. Livelli di inquinamento significativi sono stati rilevati lungo le vie di circolazione di tutta la penisola Tyub-Karagan (che collega i porti del Kazakistan con l'ancoraggio marino Astrakhan e Makhachkala), così come in tutte quelle attive attorno l'Isola Tuyleni nel settore del Kazakistan.



Il controllo del Mar Caspio settentrionale, in associazione con le immagini satellitari, ha utilizzato modelli di movimento delle chiazze di petrolio e dati di identificazione automatizzata delle navi (AIS, fornito da Tranzas Company in modalità di prova).



Per il calcolo del trasferimento dell'inquinamento solido di petrolio è stato utilizzato OilMARS (Oil Spill Model for the Arctic Seas), sviluppato in AARI. Il modello prende in considerazione il trasferimento e la trasformazione dell'inquinamento da idrocarburi sulla superficie del mare che avviene attraverso le fuoriuscite di petrolio da fonti fisse e mobili, come pure la distribuzione di chiazze di inquinamento da idrocarburi rilevate sulla superficie del mare. Il modello è stato adattato preliminarmente alla zona delle acque del Mar Caspio ed è stata poi generata la griglia di analisi di riferimento.



La verifica del modello OilMARS nel Mar Caspio è stata realizzata attraverso l'utilizzo di una delle coppie di immagini satellitari sulla stessa chiazza di petrolio ottenuta nel corso del monitoraggio all'interno di un lasso di tempo di 8-12 ore.



Nel quadro della valutazione del progetto della condizione ambientale della superficie del Mar Caspio settentrionale sono stati coinvolti nella produzione giornaliera tre tipi di prodotti, tutti derivati dalla lavorazione delle immagini acquisite dagli spettroradiometri di bordo MODIS dei satelliti Terra e Aqua (USA): mappe di concentrazione di clorofilla-a, delle sostanze in sospensione e della temperatura superficiale del mare.



In generale, nel settore russo del Mar Caspio è stata osservata una situazione ambientale statica e non sono state notate alterazioni significative nei valori a medio e lungo termine. Grazie alle immagini satellitari sono state rilevate pellicole biogeniche di tensioattivi e fuoriuscite di prodotti petroliferi, in corrispondenza della zona della foce del Volga e lungo le vie di circolazione delle navi. Ciò non ha però un impatto significativo sulle condizioni degli ecosistemi. Non sono state osservate nel periodo di monitoraggio fuoriuscite di chiazze di petrolio nel normale deflusso del fiume.

NELLE ACQUE FREDDE DELL'EMISFERO NORD IL DDT CONTINUA AD INQUINARE


Il DDT continua ad inquinare






Il famigerato dicloro-difenil-tricloroetano meglio conosciuto come DDT, continua ad inquinare. L'insetticida storico che dalla metà degli anni quaranta ha rivoluzionato le strategie di lotta malarica e messo poi fuori legge per i suoi effetti tossici è ancora fra noi.



Lo rivela lo studio di due scienziati tedeschi di cui riferisce il sito della rivista Nature. Secondo la ricerca, la molecola, dall’aria, attraverso la pioggia, arriva in mare concentrandosi nelle acque fredde dell'emisfero nord, con sensibili danni per la fauna marina e alcuni uccelli.



I ricercatori Irene Stemmler e Gerhard Lammel dell'istituto Max Planck di Magonza hanno fatto una serie di simulazioni al computer da cui emerge che bisogna convivere col Ddt. Sia perché alcuni paesi, specie per ragioni sanitarie, ne fanno ancora uso, sia perché vanno considerati il deterioramento dei barili di stockaggio e la presenza di Ddt, sia pure in minima quantità, ancora in molti insetticidi di uso comune.



Ma il problema principale è dato dagli oceani, che rilasciano incessantemente ciò che è stato riversato in essi. Il processo non sarà eterno. Anche il Ddt finirà col sedimentare sui fondali marini e una parte verrà distrutta nell'atmosfera dalla luce solare. Ci sono poi microrganismi che ne distruggono la molecola. Ma la natura, si sa, non ha fretta; i suoi tempi non sono quelli dell'uomo.



Si calcola che dagli anni '40 agli anni'70 siano stati dispersi circa 1,5 milioni di tonnellate di questo insetticida. Fu sintetizzato nel 1874 dal chimico tedesco O. Ziegler, la sua efficacia insetticida era rimasta sconosciuta fino al 1939, anno in cui venne scoperta dallo svizzero Paul Hermann Muller alla ricerca di un prodotto da usare contro i pidocchi.



L'insetticida, inizialmente diffuso dalla ditta farmaceutica Geigy con il nome di Gerasol o Neocid per uso agricolo, fu sperimentato dagli Americani su diversi insetti, comprese le zanzare, nel 1942. Tre caratteristiche rendevano il prodotto particolarmente interessante per la lotta contro l'anofele: la lunga persistenza, l'elevata tossicità per gli insetti associata ad una relativa innocuità per l'uomo, la non volatilità, per cui non presenta un effetto repellente e quindi il contatto dell'insetto con la superficie trattata viene facilitato. Grazie a tali proprietà la malaria sarebbe stata sconfitta in Italia e in molti altri paesi, soprattutto delle zone temperate.



La storia del DDT presenta però molte ombre. Il suo vasto uso in agricoltura, la stabilità della molecola e la tendenza dell'insetticida a depositarsi negli organi ricchi di tessuti grassi, hanno provocato nel tempo una vasta contaminazione ambientale e l'accumulo del prodotto nei tessuti di molti animali, compreso l'uomo. Il principale problema è causato dalla facilità con cui l'insetticida viene trasmesso da un organismo all'altro attraverso le reti alimentari, raggiungendo una diffusione estremamente più vasta dell'originario ambiente di applicazione e alte concentrazioni in alcuni animali quali i rapaci.



Nel 1950 la Food and Drug Administration avrebbe dichiarato che “con tutta probabilità i rischi potenziali del DDT erano stati sottovalutati”



Per approfondimenti: http://www.nature.com

martedì 12 gennaio 2010

NEI PROSSIMI DUE ANNI AL BANDO I PESTICIDI CHE INQUINANO


I nuovi sistemi di disinfestazione del suolo non inquinanti






A partire già dai prossimi due anni in Europa saranno messi al bando i pesticidi chimici che inquinano. A questo scopo nell’ambito del programma “Life+”, Agroinnova, il centro di competenza agro-ambientale dell’Università di Torino, si è aggiudicata un bando da tre milioni di euro per un programma di ricerca.



Il progetto, della durata di tre anni, nasce con l'obiettivo di fornire soluzioni concrete al piano messo in atto dall'Unione Europea per ridurre i rischi per l'ambiente e la salute umana dovuti all'impiego degli agrofarmaci e, più in generale, per promuovere un uso più sostenibile di tali prodotti e una riduzione complessiva dei rischi e degli utilizzi, senza perdita di efficienza per gli utilizzatori professionali.



Per tutta la durata del progetto si lavorerà fianco a fianco con quattro partner: l’azienda agrochimica Dow AgroSciences, l’Università di Atene, l’Istituto di ricerca in frutticoltura e la società di consulenza Jwc in Polonia. I gruppi di ricerca sperimenteranno soluzioni innovative in 9 aree già individuate e 24 siti pilota, alcuni nelle province di Torino, Asti, Cuneo e Alessandria.



“La nuova normativa è molto rigida”, spiega la professoressa Maria Lodovica Gullino, ordinario di Patologia vegetale alla scuola di Biotecnologie dell’Università e direttore di Agroinnova. “Contiene pesanti limitazioni all’utilizzo di molte sostanze”. Le più pericolose sono i fumiganti, impiegati per eliminare i parassiti dai terreni e disinfestarli e poi gli insetticidi, molti dei quali sono neurotossici.



Le nuove direttive europee mirano a salvaguardare la salute dei terreni e dei cittadini europei, dopo decenni di utilizzo smodato di pesticidi nelle coltivazioni, però mantenere gli attuali livelli di produzione intensiva sarà impossibile, per farlo è necessario avere dei pesticidi che però non inquinano.



“Gli agrofarmaci costano molto. Si deve continuare a ridurre il loro impiego e soprattutto incrementare lo sviluppo di nuovi prodotti più concentrati e più puliti”. Insomma, garantire gli stessi livelli di produzione impiegando minori quantità di prodotto.



Il progetto prevede lo sviluppo di sistemi non chimici di disinfestazione del suolo, come solarizzazione, innesto, biofumigazione, uso di compost e di agenti biologici.

mercoledì 6 gennaio 2010

OZONO EFFICACE CONTRO I MICROINQUINANTI

Ozonizzazione efficace contro i microinquinanti


I microinquinanti originati ad esempio da residui di farmaci e prodotti chimici, danneggiano la fauna e la flora dei corsi e specchi d'acqua svizzeri come pure la qualità dell'acqua potabile nei laghi e nelle acque sotterranee in prossimità dei fiumi. Nell'ambito di progetti pilota la Confederazione sta ora esaminando se e come le tecnologie (ozonizzazione e carbone attivo in polvere) attualmente in uso presso gli impianti di depurazione delle acque (IDA) possono contribuire alla rimozione di microinquinanti se si introduce una fase di trattamento supplementare. A Regensdorf sono stati condotti degli esperimenti con l'ozonizzazione, mentre presso l'IDA di Vidy, a Losanna, sono in corso degli esperimenti sull'ozonizzazione e sull'impiego di carbone attivo in polvere.
Il progetto pilota di Regensdorf si è nel frattempo concluso. Su mandato dell'UFAM, l'Istituto di ricerca sulle acque del settore Eawag del Politecnico federale aveva aggiunto ozono gassoso alle acque di scarico depurate che defluiscono dal sedimentatore dell'IDA di Regensdorf, una località di 30 000 abitanti.
È stato possibile provare che grazie all'impiego della tecnica di ozonizzazione si è potuto eliminare un'ampia gamma di microinquinanti e ridurre in modo significativo l'impatto di tali sostanze sulla flora e sulla fauna acquatica. Un esempio in tal senso è stata l'eliminazione completa dell'effetto endocrino delle sostanze contenute nelle acque di scarico. Inoltre, l'analisi delle acque che defluiscono dall'IDA, effettuata in concomitanza con il processo di ozonizzazione, non ha evidenziato la presenza di prodotti di reazione problematici. Un altro effetto secondario positivo è costituito dalla notevole riduzione di agenti patogeni nelle acque di scarico.
Il progetto pilota ha anche mostrato come la procedura di ozonizzazione sia stata ben integrata nell'IDA già in funzione e come il personale dello stesso sia stato in grado di gestirla senza difficoltà particolari. Il consumo di energia elettrica dell'IDA è aumentato del 15 per cento circa. L'integrazione dell'ozonizzazione fra le procedure di depurazione dell'IDA di Regensdorf comporterebbe un aumento del 10 per cento circa del canone sulle acque di scarico. Pertanto, l'adozione, da parte degli IDA comunali, dell'ozonizzazione con successiva filtrazione quale trattamento di depurazione supplementare è tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile. Il progetto pilota di Losanna, per la cui realizzazione sono previste condizioni differenti, deve ora confermare i risultati conseguiti a Regensdorf.
Nel quadro del progetto dell'UFAM "Strategia Micropoll" è prevista la realizzazione di altri progetti pilota, basati su altre procedure. Un rapporto di sintesi su tali progetti sarà disponibile a fine 2010.
Il rapporto conclusivo «Progetto pilota di Regensdorf» (in tedesco) con un riassunto dei risultati sarà presentato il 23 giugno 2009 nel quadro della giornata d'informazione dell'Eawag sulle sostanze in tracce di origine antropica presenti nelle acque.

Cosa sono i microinquinanti?

Sono considerati microinquinanti sia le sostanze organiche in tracce che i metalli pesanti di cui è possibile rilevare la presenza nelle acque in concentrazioni infinitesimali (da miliardesimi a milionesimi di grammo per litro). Queste sostanze sono residui di prodotti fitosanitari, di prodotti per l'igiene del corpo, detergenti, farmaci ecc. Alcune di queste sostanze possono avere ripercussioni sulle acque e la fauna ittica già in concentrazioni infinitesimali. Un miliardesimo di grammo per litro corrisponde all'incirca alla concentrazione della sostanza attiva di una pastiglia contro il mal di testa sciolta in una piscina con vasca di 25 metri.
Alcuni studi hanno evidenziato, per diverse sostanze, effetti negativi nei corsi e negli specchi d'acqua svizzeri. I perturbatori endocrini provocano ad esempio la femminilizzazione dei pesci maschi, alcune sostanze attive contenute nei farmaci causano danni ai pesci e ai piccoli crostacei. Ciò riguarda corsi d'acqua che hanno una componente elevata di acque di scarico depurate. I risultati sono stati confermati da ricerche condotte in Germania, Paesi Bassi, Canada e in altri Paesi.
Le riserve di acqua potabile destinate alla popolazione non sono al momento esposte a rischi. Tuttavia, ragioni legate alla tutela preventiva dei consumatori rendono indispensabile l'adozione di misure idonee alla fonte.

Fonte: Ufficio federale dell'ambiente Svizzero

lunedì 4 gennaio 2010

FRA UN PO MORTO DAVVERO IL MAR MORTO

Il Mar morto si sta prosciugando


Il Mar Morto, il lago salato del Medio Oriente, si starebbe ritirando a ritmi decisamente preoccupanti. L’allarme arriva dal quotidiano israeliano Haaretz che riporta i dati rilasciati questa settimana dalla Water Autorithy , l'agenzia israeliana dell'acqua: da un paio d’anni il livello delle sue acque sta calando a ritmi vertiginosi, accelerando la tendenza degli ultimi dieci anni.

Nel periodo 1998-2008 le acque si sono ritirate in media di 98 centimetri all’anno, ma l’anno scorso il calo è precipitato a 138 centimetri e quest’anno ha già raggiunto i 113 centimetri.

Il lago più famoso del modo occupa la più bassa depressione della Terra, chiamata El Ghor: i fondali raggiungono -799 m. Le sue acque hanno un tasso di salinità eccezionale, 300 g di sale per ogni chilo d'acqua. Proprio all'elevata salinità si deve il nome del bacino: in tali acque sono assenti forme di vita diverse dai semplici batteri, da qui quindi l'appellativo Mar Morto.

Perché il Mar Morto si sta riducendo? Il calo dei livelli di acqua non è il risultato dei cambiamenti climatici, ma è dovuto all’aumentato uso delle acque degli immissari che dovrebbero rifornire il lago per l’irrigazione, e dello sfruttamento per l’estrazione di minerali.

Il bacino è alimentato principalmente dal fiume Giordano, che si immette nel lago a nord. Non ha emissari, e le acque portate dai fiumi vengono eliminate esclusivamente attraverso l’evaporazione che, a causa del clima arido, estremamente caldo e secco, è assai elevata.

Il ritiro dell’acqua ha lasciato intere sezioni del lago completamente secche, e questa rapida diminuzione del livello del Mar Morto ha una serie di conseguenze dannose, che vanno dai più elevati costi di pompaggio per le fabbriche che utilizzano il Mar Morto per estrarre il cloruro di potassio, magnesio e sale, ad un accelerato deflusso delle acque dolci sotterrane e circostanti dalle falde acquifere

L’ipotesi suggerita è quella di implementare un pool di “alimentori” che rallentino la perdita d’acqua.

In futuro si spera non resti solo una gigantesca salina sotto il sole, considerato che nel frattempo, il Mar Morto è stato inserito nella lista dei candidati per le sette meraviglie naturali del mondo, competizione che avrà termine nel 2011.

PFAS COME EIMINARLI DALL'ACQUA POTABILE

  Pfas: qualcuno sa come eliminarli dall’acqua potabile Una ricerca della British Columbia University ha messo a punto uno sp...