mercoledì 25 novembre 2009

INTERVENTI SUL BACINO DEL PO

In Piemonte interventi straordinari per il dissesto sul bacino del Po


La Regione Piemonte ha adottato un piano straordinario per le aree ad elevato rischio idrogeologico L'obiettivo è un programma di gestione dei sedimenti dei corsi d'acqua sul bacino del Po che prevede 11 interventi lungo il percorso del fiume tra la confluenza con lo Stura Lanzo e quella con il Panaro.

Il programma, presentato dall’assessore regionale alla Difesa del suolo, Daniele Borioli e da Luigi Fortunato, direttore dell’Aipo, avrà interventi a costo zero.

Quello che, per la prima volta in Piemonte, intendiamo fare - spiega Borioli - è avviare su questi interventi un metodo analogo a una “concessione” a beneficio di chi svolge i lavori. Ovvero consentire alle imprese private che eseguiranno gli interventi di acquisire la proprietà della ghiaia che viene estratta dal letto dei fiumi, preziosa per le imprese di costruzione. In questo modo riusciamo a mettere in sicurezza i nostri corsi d'acqua, senza costi aggiuntivi per le tasche dei contribuenti e con notevole vantaggio per le aziende che vi lavorano”.

A questo progetto si aggiunge il piano Aipo (Agenzia interregionale per il fiume) che prevede uno stanziamento di 115 milioni in tre anni per una serie di interventi di ripristino, messa in sicurezza e manutenzione di argini e alvei in corrispondenza di diversi corsi d'acqua. Nel 2010 sono previsti interventi per oltre 60 milioni.

Il Direttore dell'Aipo ha infatti dichiarato che “Il 2010 rappresenta per l'Agenzia un anno fondamentale per testare la capacità operative e l'efficacia della propria azione per il riequilibrio di situazioni di rischio idraulico. I finanziamenti sono disponibili, anche se ancora insufficienti, le progettazioni sono in corso o già concluse: si tratta ora di dare risposte concrete”.

giovedì 19 novembre 2009

LE RETI IDRICHE INTELLIGENTI

Le water grids, le reti idriche intelligenti


Le water grids, cioè le reti intelligenti di prelievo, trattamento e distribuzione dell'acqua promettono di essere per i prossimi 10 anni un business di 16,3 miliardi di dollari.

Questo è quanto emerge da uno studio della Lux Research che evidenzia come gestire l'acqua in modo oculato possa ridurre i costi e aiutare a conservare una risorsa che sta velocemente esaurendosi. La questione è sviluppare le tecnologie e costruire le reti "intelligenti" adeguate e sotto la spinta di aziende come IBM, che mostrano un grande interesse verso queste nuove tecnologie.

Come le smart electricity grid, le reti elettriche intelligenti, anche queste offrono un ampio spettro di opportunità per le aziende: mappatura delle reti, progettazione, costruzione e gestione delle infrastrutture, monitoraggio dei processi di trattamento delle reti di distribuzione (i famosi contatori intelligenti) e del servizio per l'irrigazione e l'industria.

"Mentre ci sono soluzioni fisiche o a bassa tecnologia per aiutare a risolvere l'idrocosmo dei piccoli problemi idrici, la scala delle necessità di un sistema più complesso e la mancanza di fondi richiedono lo sviluppo di soluzioni IT per permettere di affrontare la questione con una visione più ampia" Earth2Tech ritiene che le start-up, le aziende di nuova concezione, che avranno maggiore successo in questo campo saranno quelle che creeranno e adotteranno tecnologie in grado di essere applicate a tutti i mercati identificati nello studio Lux come integrati.

Secondo Drew Clark (Venture Capital Group Director of Strategy di IBM) "la domanda di soluzioni smart per l'acqua è aumentata in modo esponenziale l'anno passato. Questo in parte si deve all'attenzione verso i problemi ambientali.

lunedì 9 novembre 2009

SPRECO DI ACQUA IN ITALIA

Acquedotti italiani: lo spreco continua
L’acqua in Italia è sempre più cara: nell’ultimo anno, si è registrato un incremento medio del 5,4% rispetto al 2007 e del 47% dal 2000 ad oggi. Lo riferisce un’indagine dell’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva sul servizio idrico integrato per uso domestico.

Il problema principale come si può immaginare riguarda lo stato degli acquedotti italiani: la rete è un colabrodo, in alcune aree quasi la metà dell’acqua si perde prima di raggiungere gli utenti finali. In generale, il settore idrico può essere preso a paradigma delle tante facce dell’Italia: al Nord si investe di più, le tariffe sono mediamente più basse, così come la dispersione, ma tre regioni sono in deroga per parametri microbiologici e chimici eccessivamente alti come l’arsenico.

Al Sud invece non si investe, la rete è strutturalmente inadeguata, e anche se i parametri di potabilità sono migliori che al Nord, le continue interruzioni del servizio in molti casi non favoriscono il consumo dell’acqua di rubinetto. Il Centro, dal canto suo, si contraddistingue per le tariffe medie più elevate.

A fronte di una crescita costante delle tariffe, inoltre, la qualità del servizio è carente: si continua a far pagare il canone di depurazione anche in assenza del servizio; la dispersione idrica è ormai pari ad un terzo del volume di acqua immessa nelle tubature; il regime delle deroghe da transitorio rischia di diventare perpetuo.

Guardando la situazione più nel dettaglio, in positivo, si distinguono Veneto e Liguria, dove a fronte di investimenti alti, le tariffe risultano inferiori alla media nazionale, la dispersione idrica è bassa e non vi sono deroghe. In negativo spicca invece la Puglia, che a fronte di un livello basso di investimenti realizzati e deroghe dal 2004 ad oggi, presenta le tariffe medie più alte dopo quelle registrate in Toscana, ed una percentuale di dispersione di sei punti percentuali superiore alla media nazionale.

La Lombardia rappresenta invece la classica realtà dove la situazione per alcuni aspetti va molto bene ma potrebbe andare meglio: ad alti investimenti si affianca il più basso livello di dispersione, le tariffe sono molto inferiori alla media nazionale (Milano è la città dove in assoluto l’acqua costa meno e Lecco, Lodi e Varese sono tra le 10 città meno care), ma la regione è in deroga a causa della presenza di arsenico.

Sul fronte degli investimenti si conferma la situazione. Dall’ultimo Rapporto del Comitato di Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche (luglio 2009) relativo a 54 Ato, al 2008 risultavano realizzati solo il 56% degli investimenti previsti, con immancabili differenze tra le regioni e all’interno delle stesse: se Liguria e Friuli hanno addirittura superato gli investimenti previsti, Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata sono in fortissimo ritardo, e non a caso si caratterizzano per evidenti problemi di dispersione e discontinuità del servizio.

martedì 3 novembre 2009

BATTERI PER ELIMINARE GLI IDROCARBURI DALLE ACQUE

Il mare salvato dai Bic Sono batteri marini in grado di ‘mangiare’ e di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque


Il mare salvato dai Bic
Sono batteri marini in grado di ‘mangiare’ e di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque. Uno studio condotto dall’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr ha dimostrato che l’Alcanivorax borkumensis SK2, della famiglia dei Bic, è il più promettente ‘spazzino’ marino. I risultati delle ricerche presentati oggi a Messina.

Una ‘carica’ di Bic è pronta a ‘ripulire’ i mari dai combustibili dispersi nelle acque da navi e petroliere. Non si tratta di penne, ma di batteri marini ‘golosi’ di petrolio, da anni oggetto degli studi dell’équipe del dr. Michail Yakimov dell’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr (Iamc) di Messina. I ricercatori, in particolare, hanno osservato che nella famiglia dei Bic, il ceppo Alcanivorax borkumensis SK2 è il più diffuso e versatile nel consumo di diversi tipi di idrocarburi.
“I Bic sono batteri marini obbligati che hanno scelto, fin dalle loro antiche origini, di cibarsi esclusivamente di idrocarburi” spiega Renata Denaro dell’ Iamc – Cnr. “Una tale specializzazione non è stata riscontrata in altri microrganismi marini e sembra essere fatta per l’era moderna, in cui l’inquinamento da petrolio in mare rappresenta una seria minaccia”.
L’Alcanivorax borkumensis SK2 contiene nel suo genoma una batteria di circa 45 geni deputati alla degradazione: 15 di questi sono stati identificati e se ne conosce la funzione, altri 30 geni hanno una attività al momento sconosciuta. “Questo batterio” continua la dr.ssa Denaro “è in grado di effettuare una scelta ‘ragionata’ della via metabolica adatta al substrato. In particolare, il gene alkB1 non viene utilizzato quando il batterio consuma idrocarburi naturali (per es. il fitano); lo stesso gene si attiva invece in presenza di tetradecano, tipico componente del petrolio di origine antropogenica. Questo risultato rappresenta un interessante progresso per le ricerche sull’uso dei Bic come indicatori di contaminazione da idrocarburi in mare”.
Nell’ambito del progetto PON-SABIE, in collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca, sono stati condotti studi in vasche contenenti 12000 lt di acqua di mare, artificialmente contaminata da petrolio in condizioni controllate. “I risultati hanno dimostrato che nell’arco di 15 giorni l’inquinante veniva abbattuto per il 95%. Parallelamente veniva monitorato il cambiamento imposto dalla presenza di petrolio alla composizione microbica: al quindicesimo giorno il numero di filotipi era notevolmente ridotto, infatti, la popolazione microbica era rappresentata quasi esclusivamente da Alcanivorax s.p”.
Oggi i ricercatori dell’Iamc di Messina lanciano un’altra sfida: usare le potenzialità biotecnologiche dei Bic per i il risanamento di aree marine contaminate, la prevenzione della contaminazione da petrolio e il monitoraggio dei processi di biodegradazione e delle delle aree marine a rischio.

PFAS COME EIMINARLI DALL'ACQUA POTABILE

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