martedì 3 novembre 2009

BATTERI PER ELIMINARE GLI IDROCARBURI DALLE ACQUE

Il mare salvato dai Bic Sono batteri marini in grado di ‘mangiare’ e di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque


Il mare salvato dai Bic
Sono batteri marini in grado di ‘mangiare’ e di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque. Uno studio condotto dall’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr ha dimostrato che l’Alcanivorax borkumensis SK2, della famiglia dei Bic, è il più promettente ‘spazzino’ marino. I risultati delle ricerche presentati oggi a Messina.

Una ‘carica’ di Bic è pronta a ‘ripulire’ i mari dai combustibili dispersi nelle acque da navi e petroliere. Non si tratta di penne, ma di batteri marini ‘golosi’ di petrolio, da anni oggetto degli studi dell’équipe del dr. Michail Yakimov dell’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr (Iamc) di Messina. I ricercatori, in particolare, hanno osservato che nella famiglia dei Bic, il ceppo Alcanivorax borkumensis SK2 è il più diffuso e versatile nel consumo di diversi tipi di idrocarburi.
“I Bic sono batteri marini obbligati che hanno scelto, fin dalle loro antiche origini, di cibarsi esclusivamente di idrocarburi” spiega Renata Denaro dell’ Iamc – Cnr. “Una tale specializzazione non è stata riscontrata in altri microrganismi marini e sembra essere fatta per l’era moderna, in cui l’inquinamento da petrolio in mare rappresenta una seria minaccia”.
L’Alcanivorax borkumensis SK2 contiene nel suo genoma una batteria di circa 45 geni deputati alla degradazione: 15 di questi sono stati identificati e se ne conosce la funzione, altri 30 geni hanno una attività al momento sconosciuta. “Questo batterio” continua la dr.ssa Denaro “è in grado di effettuare una scelta ‘ragionata’ della via metabolica adatta al substrato. In particolare, il gene alkB1 non viene utilizzato quando il batterio consuma idrocarburi naturali (per es. il fitano); lo stesso gene si attiva invece in presenza di tetradecano, tipico componente del petrolio di origine antropogenica. Questo risultato rappresenta un interessante progresso per le ricerche sull’uso dei Bic come indicatori di contaminazione da idrocarburi in mare”.
Nell’ambito del progetto PON-SABIE, in collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca, sono stati condotti studi in vasche contenenti 12000 lt di acqua di mare, artificialmente contaminata da petrolio in condizioni controllate. “I risultati hanno dimostrato che nell’arco di 15 giorni l’inquinante veniva abbattuto per il 95%. Parallelamente veniva monitorato il cambiamento imposto dalla presenza di petrolio alla composizione microbica: al quindicesimo giorno il numero di filotipi era notevolmente ridotto, infatti, la popolazione microbica era rappresentata quasi esclusivamente da Alcanivorax s.p”.
Oggi i ricercatori dell’Iamc di Messina lanciano un’altra sfida: usare le potenzialità biotecnologiche dei Bic per i il risanamento di aree marine contaminate, la prevenzione della contaminazione da petrolio e il monitoraggio dei processi di biodegradazione e delle delle aree marine a rischio.

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