sabato 29 maggio 2010

BOLZANO LICENZA EDILIZIA SOLO IN PRESENZA DI ACQUA POTABILE

Alto Adige: licenza edilizia solo in presenza di acqua potabile

Venerdì 28 Maggio 2010 17:38

Presentato dall'assessore all'ambiente Laimer il piano di tutela delle acque potabili


L'assessore all'ambiente della provincia di Bolzano, Michl Laimer, ha presentato il Piano di tutela alle acque potabili approvato dalla Giunta ad aprile. Oltre a fornire un quadro competo della situazione attuale, il Piano fissa anche gli obiettivi ed i criteri per l'utilizzazione delle acque potabili, nonché la parte normativa riguardante la sostenibilità ambientale.



Aspetto innovativo del piano è rappresentato dal fatto che prima di concedere la licenza edilizia deve essere effettuata la verifica riguardo alla presenza di sufficienti fonti di acqua potabile. Il Piano prevede anche l’ampliamento delle zone di tutela dell’acqua potabile al fine di assicurare le riserve idriche.



Obiettivo: 15%

Al centro del discorso dell'assessore, ovviamente, l'importanza fondamentale dell'acqua potabile per il patrimonio idrico altoatesino che dispone di 10.000 m3 annui di acqua per ogni abitante. Laimer ha però sottolineato anche le perdite d'acqua potabile che si verificano negli acquedotti: circa 25%. Un dato comunque non così preoccupante se confrontato con altre Regioni italiane che raggiungono il 70%. Nonostante questo però, l'assessorato si è impegnato a ridurre ulteriormente le perdite ed a raggiungere il livello del 15%.



Situazione altoatesina

Ogni anno in Alto Adige si registrano precipitazioni per 5000 milioni di metri cubi d'acqua: 55 milioni vengono utilizzati come acqua potabile, 170 milioni nel settore dell’agricoltura e 75 milioni per l’industria. Circa il 95% delle famiglie altoatesine sono allacciate alle condutture idriche pubbliche, ha sottolineato il direttore dell’Ufficio gestione risorse idriche, Wilfried Rauter. In alto Adige vi sono 541 acquedotti pubblici, 1700 sorgenti e 100 pozzi.



Tra i dati resi noti nel corso dell’incontro è emerso infine che un cittadino altoatesino in media spende 40 euro all’anno per l’acqua potabile, meno di quanto viene speso, ad esempio, per lo stesso servizio in Austria, 100 euro, o in Germania, tra i 75 ed i 250 euro.

martedì 25 maggio 2010

IDROCARBURI CLORURATI NELLE FALDE NUOVA METODOLOGIA DI INDAGINE

Una tecnologia low cost per monitorare l'inquinamento dell'acqua


Uno dei grandi problemi ambientali è rappresentato dalla presenza dei CHC, i famigerati "idrocarburi clorurati” nelle falde acquifere. Si tratta di un gruppo di sostanze chimiche utilizzate essenzialmente come solventi. A partire dagli anni '20 sono state impiegate in grosse quantità in diversi settori produttivi: nell'industria meccanica, nelle tintorie o lavanderie chimiche, nell'industria orologiera, in quella cartaria, ma anche per l'estrazione della caffeina o per la fabbricazione di pesticidi in agricoltura.



Questi solventi sono, in effetti, molto facili da manipolare, sono economici e non emanano odori sgradevoli. Si è scoperto solo negli anni '80 quanto siano pericolosi per la salute. E solo più tardi ci si è accorti della presenza di queste sostanze anche nelle acque sotterranee e nell'acqua potabile e da allora gli esperti hanno cominciato ad occuparsi in modo sistematico delle loro caratteristiche e della loro diffusione.



Questi sono inquinanti detti persistenti: sono cioè sostanze che si accumulano nell'ambiente e che si decompongono o molto lentamente o affatto. Per verificare la presenza di queste sostanze nelle acque sotterranee il processo è ancora lento e costoso. Ma mediante una tecnologia innovativa sviluppata presso l’Oak Ridge National Laboratory, negli USA, il rilevamento potrebbe divenire più semplice.



Il metodo introdotto è stato pubblicato su Analitic Chemistry e utilizza la spettrometria per mobilità ionica per il monitoraggio di idrocarburi clorurati in acqua. "La nostra tecnologia rappresenta un basso costo ancora modo altamente accurato per monitorare inquinanti in acqua e aria", riferisce June Xu il ricercatore a capo del progetto.



Il sistema è in grado di rilevare tetracloroetilene e tricloroetilene in acqua a partire da una concentrazione di 75 microgrammi per litro, in soli di tre minuti con un abbattimento dei costi di monitoraggio a lungo termine fino all’80 per cento.



Co-autori del documento, dal titolo "Membrane-extraction ion mobility spectrometry for in situ detection of chlorinated hydrocarbons in water"sono Yongzhai Du, Zhang Wei, William Whitten e David Watson di ORNL e Haiyang Li.

giovedì 13 maggio 2010

ITALIA DEFERITA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE SUL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE URBANE

 

Acque reflue, l'Italia deferita alla Corte di Giustizia Ue


Per la Commissione europea l'Italia ha violato la direttiva Ue sul trattamento delle acque reflue urbane



La Commissione europea ha deferito l’Italia e la Spagna alla Corte di giustizia dell’UE per aver violato la direttiva del 1991 sul trattamento delle acque reflue urbane, che come è noto rappresentano un rischio per la salute, se non adeguatamente trattate, così come per l'ambiente marino e le acque dolci.



In base alla direttiva 91/271/CEE i due Paesi avrebbero dovuto infatti predisporre entro il 31 dicembre 2000 sistemi adeguati per il convogliamento e il trattamento delle acque nei centri urbani con oltre 15mila abitanti. Già nel 2004 l’Italia e la Spagna avevano ricevuto una prima lettera di diffida, poiché risultava che un numero elevato di città e centri urbani non era in regola con la normativa.





178 Comuni italiani inadempienti

Una seconda lettera è stata spedita alla Spagna nel dicembre 2008 e all’Italia nel febbraio 2009 e da una successiva valutazione è risultato che circa 178 città e centri urbani italiani (tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme, Caserta, Capri, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga e Vicenza) e circa 38 centri urbani spagnoli (fra cui A Coruña, Santiago, Gijon e Benicarlo) non si erano ancora conformati alla direttiva. “Le acque reflue urbane non trattate – ha dichiarato il commissario europeo per l’ambiente Janez Potočnik - costituiscono sia un pericolo per la sanità pubblica sia la principale causa di inquinamento delle acque costiere e interne. Non è accettabile che, più di otto anni dopo il termine stabilito, l’Italia e la Spagna non si siano ancora conformate a questa importante normativa. La Commissione non ha altra scelta se non portare i due casi innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea”.





Record negativo in Sicilia

“L'Italia primeggia per inadempienza sia alle proprie leggi che a quelle comunitarie”. Questo il commento dell'Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) che ha anche fornito un elenco dei Comuni inosservanti suddivisi per Regioni. Ad “eccellere” è la Sicilia con 74 Comuni su 178, pari al 42%; segue la Calabria con 32, pari al 18%; poi la Campania con 23 comuni, 13%; la Liguria con 19, 11%; la Puglia con 10, 6%, ecc. Le tre regioni del Sud, Sicilia, Calabria e Campania, hanno 129 Comuni sui 178 sotto accusa, pari al 73% del totale. “Insomma – conclude l'Aduc - governi di centro-destra o di centro-sinistra, la situazione cambia poco. A danno dei cittadini, ovviamente”.

118 TIPI DI PESTICIDI DIVERSI NELLE ACQUE ITALIANE

ISPRA: le acque inquinate dai residui di prodotti fitosanitari

Nelle acque italiane sono stati rinvenuti 118 i tipi di pesticidi diversi. Lo ha reso noto l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che ha pubblicato i dati sul monitoraggio nazionale dei residui di prodotti fitosanitari nelle acque sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente.



Queste sostanze sono utilizzate - spiega l'Ispra - in agricoltura e, complici le piogge, vengono trasportate dal suolo alle acque sotterranee e superficiali. In Italia solo il comparto agricolo impiega oltre 300 diverse sostanze per un quantitativo pari a circa 150 mila tonnellate all'anno.



Nel biennio 2007-2008 sono stati valutati 19.201 campioni provenienti dalle 18 Regioni che hanno trasmetto i dati. Secondo il rapporto “critica” appare la contaminazione di una sostanza, la Terbutilazina, usata per colture di mais e sorgo. “Nelle regioni - si legge nel rapporto Ispra - dove l'uso della sostanza è più intenso (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna) la contaminazione interessa più dell'80% dei siti delle acque superficiali controllati”. Inoltre il rapporto segnala la “presenza diffusa” in tutta l'area Padano-Veneta di atrazina, residuo di una contaminazione storica.



In generale il rapporto Ispra rileva una copertura del territorio ancora incompleta ma anche differenze tra le regioni. Il monitoraggio, infatti, risulta più efficace al nord e “spesso limitato e poco rappresentativo” al centro-sud. Per quanto riguarda i dati sui campioni, nel 2008 le indagini hanno riguardato 3136 punti di campionamento e 9531 campioni.



Rinvenuti residui di pesticidi nel 47,9% dei 1082 punti di monitoraggio delle acque superficiali, nel 31,7% dei casi con concentrazioni superiori ai limiti delle acque potabili. Nelle acque sotterranee, infine, contaminato il 27% dei 2054 punti esaminati.

PFAS COME EIMINARLI DALL'ACQUA POTABILE

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