martedì 15 dicembre 2009

ACIDIFICAZIONE DEGLI OCEANI

Copenaghen: stop all'acidificazione degli oceani


Al vertice Onu sul clima a Copenaghen, l' Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn)ha presentato un rapporto riguardante le ripercussioni che le emissioni da gas serra, in particolare CO2, avrebbero sugli ecosistemi marini.

Il rapporto fa il punto sulle più recenti scoperte scientifiche che riguardano all’abbassamento del pH delle acque degli oceani e ne precisa le azioni che sono urgentemente necessarie per fermare la sua accelerazione. L'oceano fornisce circa la metà delle risorse naturali della Terra, assorbe anche il 25% di tutta l'anidride carbonica emessa ogni anno, e produce la metà dell'ossigeno che respiriamo. Ma l'acidità degli Oceani è aumentata del 30% in 250 anni, ovvero con l'industrializzazione. Se i livelli di CO2 nell'atmosfera continuassero ad aumentare con questo trend, l'acidità potrebbe crescere del 120% entro il 2060, un livello mai raggiunto in 21 milioni anni. Entro il 2100, il 70% dei coralli sarà esposto ad acqua corrosiva.

Precedenti episodi di acidificazione degli oceani sono stati collegati alle estinzioni di massa di alcune specie, ed è ragionevole supporre, afferma l'Iucn, “che ora le stesse condizioni potrebbero portare alle stesse conseguenze”. Secondo il rapporto “non c’è più dubbio che l'oceano è in fase di profondi cambiamenti che avranno un impatto su molte vite umane ora e nelle generazioni future, a meno che non si agisca con rapidità e decisione”. “Tale fenomeno può essere meglio descritto come il gemello cattivo del cambiamento climatico”, spiega Dan Laffoley, editor della guida, Vicepresidente Iucn della Commissione mondiale sulle aree protette.

“Abbiamo voluto realizzare questa guida sui tanti modi con cui l'acidificazione degli oceani può alterare il funzionamento dell'oceano viste le possibili conseguenze devastanti di tale fenomeno. Ma ci auguriamo anche che questa guida possa funzionare da campanello d'allarme per i decisori perché possano mettere al centro delle discussioni anche gli oceani”.

venerdì 4 dicembre 2009

NUOVO TEST PER LA RICERCA DELL'ARSENICO NELLE ACQUE POTABILI

Il colore che rivela la presenza dell'arsenico


I ricercatori americani della Jackson State University, Mississippi hanno sviluppato un test per misurare rapidamente e con precisione i livelli di arsenico nell'acqua potabile anche a concentrazioni molto basse. Il test utilizza una soluzione di nanoparticelle d'oro capaci di colorare la soluzione in base alla presenza del metallo tossico. Si spera che la ricerca semplificherà il compito di tracciare i punti attivi di contaminazione da arsenico in tutto il mondo.
Tutta l'acqua potabile contiene piccole quantità di arsenico, ma in alcune parti del mondo, come il Bangladesh, India e sudest asiatico, i livelli possono essere ben di sopra del 10 parti per miliardo (ppb) limite consigliato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Una volta individuato l’arsenico, la sua rimozione diventa un processo relativamente semplice, mentre rilevarlo è un processo lungo che richiede prodotti chimici pericolosi, come la mercuric bromide e il sodium borohydride.

“Il nostro processo è molto più semplice, come pure come altamente sensibile e selettivo. Basta aggiungere il prodotto nell'acqua e il viraggio del colore indicherà la quantità di arsenico che c'è” dice Paresh Chandra Ray, che ha guidato il team di ricerca.

Il team ha sviluppato delle nanoparticelle che possono complessare l’arsenico formando dei clumps che in base alla concentrazione del metallo possono diventare anche molto grandi causando il viraggio di colore. Con un esame colorimetrico dunque si può stabilire con grande precisione la concentrazione dell’arsenico.

“La maggiore precisione ci permetterebbe di mappare le aree di contaminazione da arsenico molto più efficacemente, e vi sono vaste zone che hanno un urgente bisogno di questo tipo di mappatura. Questo metodo semplifica enormemente il processo di testing in modo da non richiedere alcuna formazione speciale o prodotti chimici scomodi.”

Gli studiosi fanno notare tuttavia che sarà necessaria prima una sperimentazione rigorosa. “I risultati dovranno essere convalidati con ICP-MS“.

mercoledì 2 dicembre 2009

IL LIVELLO DEL PO SALE IN MANIERA PREOCCUPANTE

Piogge incessanti: le acque del fiume Po salgono in modo preoccupante


A causa delle intense precipitazioni che si sono succedute negli ultimi giorni, il livello idrometrico del fiume Po è salito di due metri in un solo giorno. E' quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti nella serata del trenta gennaio al Ponte della Becca in occasione dell'allerta della Protezione civile sull'ondata di maltempo che sta attraversando l'Italia.

La pioggia in questa fase stagionale è importante per ripristinare le riserve idriche ma i forti temporali, con precipitazioni intense, provocano danni poiché i terreni secchi non riescono ad assorbire l'acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento portando con sé la parte superficiale del terreno. Un pericolo per il territorio nazionale dove - precisa la Coldiretti - sette comuni italiani su dieci sono considerati a rischio per frane ed alluvioni su una superficie di oltre 21mila chilometri quadrati.

La maggiore frequenza con cui si verificano eventi estremi è la conferma dei cambiamenti climatici in atto anche in Italia dove si stanno manifestando tra l'altro sfasamenti stagionali, maggior numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, aumento delle temperature estive e una modificazione della distribuzione delle piogge.

Si tratta di una situazione che è destinata a influenzare la vita dei cittadini, ma anche il comportamento della natura e con esso l'esercizio dell'attività agricola che deve interpretare il cambiamento e i suoi effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio.

mercoledì 25 novembre 2009

INTERVENTI SUL BACINO DEL PO

In Piemonte interventi straordinari per il dissesto sul bacino del Po


La Regione Piemonte ha adottato un piano straordinario per le aree ad elevato rischio idrogeologico L'obiettivo è un programma di gestione dei sedimenti dei corsi d'acqua sul bacino del Po che prevede 11 interventi lungo il percorso del fiume tra la confluenza con lo Stura Lanzo e quella con il Panaro.

Il programma, presentato dall’assessore regionale alla Difesa del suolo, Daniele Borioli e da Luigi Fortunato, direttore dell’Aipo, avrà interventi a costo zero.

Quello che, per la prima volta in Piemonte, intendiamo fare - spiega Borioli - è avviare su questi interventi un metodo analogo a una “concessione” a beneficio di chi svolge i lavori. Ovvero consentire alle imprese private che eseguiranno gli interventi di acquisire la proprietà della ghiaia che viene estratta dal letto dei fiumi, preziosa per le imprese di costruzione. In questo modo riusciamo a mettere in sicurezza i nostri corsi d'acqua, senza costi aggiuntivi per le tasche dei contribuenti e con notevole vantaggio per le aziende che vi lavorano”.

A questo progetto si aggiunge il piano Aipo (Agenzia interregionale per il fiume) che prevede uno stanziamento di 115 milioni in tre anni per una serie di interventi di ripristino, messa in sicurezza e manutenzione di argini e alvei in corrispondenza di diversi corsi d'acqua. Nel 2010 sono previsti interventi per oltre 60 milioni.

Il Direttore dell'Aipo ha infatti dichiarato che “Il 2010 rappresenta per l'Agenzia un anno fondamentale per testare la capacità operative e l'efficacia della propria azione per il riequilibrio di situazioni di rischio idraulico. I finanziamenti sono disponibili, anche se ancora insufficienti, le progettazioni sono in corso o già concluse: si tratta ora di dare risposte concrete”.

giovedì 19 novembre 2009

LE RETI IDRICHE INTELLIGENTI

Le water grids, le reti idriche intelligenti


Le water grids, cioè le reti intelligenti di prelievo, trattamento e distribuzione dell'acqua promettono di essere per i prossimi 10 anni un business di 16,3 miliardi di dollari.

Questo è quanto emerge da uno studio della Lux Research che evidenzia come gestire l'acqua in modo oculato possa ridurre i costi e aiutare a conservare una risorsa che sta velocemente esaurendosi. La questione è sviluppare le tecnologie e costruire le reti "intelligenti" adeguate e sotto la spinta di aziende come IBM, che mostrano un grande interesse verso queste nuove tecnologie.

Come le smart electricity grid, le reti elettriche intelligenti, anche queste offrono un ampio spettro di opportunità per le aziende: mappatura delle reti, progettazione, costruzione e gestione delle infrastrutture, monitoraggio dei processi di trattamento delle reti di distribuzione (i famosi contatori intelligenti) e del servizio per l'irrigazione e l'industria.

"Mentre ci sono soluzioni fisiche o a bassa tecnologia per aiutare a risolvere l'idrocosmo dei piccoli problemi idrici, la scala delle necessità di un sistema più complesso e la mancanza di fondi richiedono lo sviluppo di soluzioni IT per permettere di affrontare la questione con una visione più ampia" Earth2Tech ritiene che le start-up, le aziende di nuova concezione, che avranno maggiore successo in questo campo saranno quelle che creeranno e adotteranno tecnologie in grado di essere applicate a tutti i mercati identificati nello studio Lux come integrati.

Secondo Drew Clark (Venture Capital Group Director of Strategy di IBM) "la domanda di soluzioni smart per l'acqua è aumentata in modo esponenziale l'anno passato. Questo in parte si deve all'attenzione verso i problemi ambientali.

lunedì 9 novembre 2009

SPRECO DI ACQUA IN ITALIA

Acquedotti italiani: lo spreco continua
L’acqua in Italia è sempre più cara: nell’ultimo anno, si è registrato un incremento medio del 5,4% rispetto al 2007 e del 47% dal 2000 ad oggi. Lo riferisce un’indagine dell’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva sul servizio idrico integrato per uso domestico.

Il problema principale come si può immaginare riguarda lo stato degli acquedotti italiani: la rete è un colabrodo, in alcune aree quasi la metà dell’acqua si perde prima di raggiungere gli utenti finali. In generale, il settore idrico può essere preso a paradigma delle tante facce dell’Italia: al Nord si investe di più, le tariffe sono mediamente più basse, così come la dispersione, ma tre regioni sono in deroga per parametri microbiologici e chimici eccessivamente alti come l’arsenico.

Al Sud invece non si investe, la rete è strutturalmente inadeguata, e anche se i parametri di potabilità sono migliori che al Nord, le continue interruzioni del servizio in molti casi non favoriscono il consumo dell’acqua di rubinetto. Il Centro, dal canto suo, si contraddistingue per le tariffe medie più elevate.

A fronte di una crescita costante delle tariffe, inoltre, la qualità del servizio è carente: si continua a far pagare il canone di depurazione anche in assenza del servizio; la dispersione idrica è ormai pari ad un terzo del volume di acqua immessa nelle tubature; il regime delle deroghe da transitorio rischia di diventare perpetuo.

Guardando la situazione più nel dettaglio, in positivo, si distinguono Veneto e Liguria, dove a fronte di investimenti alti, le tariffe risultano inferiori alla media nazionale, la dispersione idrica è bassa e non vi sono deroghe. In negativo spicca invece la Puglia, che a fronte di un livello basso di investimenti realizzati e deroghe dal 2004 ad oggi, presenta le tariffe medie più alte dopo quelle registrate in Toscana, ed una percentuale di dispersione di sei punti percentuali superiore alla media nazionale.

La Lombardia rappresenta invece la classica realtà dove la situazione per alcuni aspetti va molto bene ma potrebbe andare meglio: ad alti investimenti si affianca il più basso livello di dispersione, le tariffe sono molto inferiori alla media nazionale (Milano è la città dove in assoluto l’acqua costa meno e Lecco, Lodi e Varese sono tra le 10 città meno care), ma la regione è in deroga a causa della presenza di arsenico.

Sul fronte degli investimenti si conferma la situazione. Dall’ultimo Rapporto del Comitato di Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche (luglio 2009) relativo a 54 Ato, al 2008 risultavano realizzati solo il 56% degli investimenti previsti, con immancabili differenze tra le regioni e all’interno delle stesse: se Liguria e Friuli hanno addirittura superato gli investimenti previsti, Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata sono in fortissimo ritardo, e non a caso si caratterizzano per evidenti problemi di dispersione e discontinuità del servizio.

martedì 3 novembre 2009

BATTERI PER ELIMINARE GLI IDROCARBURI DALLE ACQUE

Il mare salvato dai Bic Sono batteri marini in grado di ‘mangiare’ e di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque


Il mare salvato dai Bic
Sono batteri marini in grado di ‘mangiare’ e di eliminare gli idrocarburi che inquinano le acque. Uno studio condotto dall’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr ha dimostrato che l’Alcanivorax borkumensis SK2, della famiglia dei Bic, è il più promettente ‘spazzino’ marino. I risultati delle ricerche presentati oggi a Messina.

Una ‘carica’ di Bic è pronta a ‘ripulire’ i mari dai combustibili dispersi nelle acque da navi e petroliere. Non si tratta di penne, ma di batteri marini ‘golosi’ di petrolio, da anni oggetto degli studi dell’équipe del dr. Michail Yakimov dell’Istituto per l’ambiente marino e costiero del Cnr (Iamc) di Messina. I ricercatori, in particolare, hanno osservato che nella famiglia dei Bic, il ceppo Alcanivorax borkumensis SK2 è il più diffuso e versatile nel consumo di diversi tipi di idrocarburi.
“I Bic sono batteri marini obbligati che hanno scelto, fin dalle loro antiche origini, di cibarsi esclusivamente di idrocarburi” spiega Renata Denaro dell’ Iamc – Cnr. “Una tale specializzazione non è stata riscontrata in altri microrganismi marini e sembra essere fatta per l’era moderna, in cui l’inquinamento da petrolio in mare rappresenta una seria minaccia”.
L’Alcanivorax borkumensis SK2 contiene nel suo genoma una batteria di circa 45 geni deputati alla degradazione: 15 di questi sono stati identificati e se ne conosce la funzione, altri 30 geni hanno una attività al momento sconosciuta. “Questo batterio” continua la dr.ssa Denaro “è in grado di effettuare una scelta ‘ragionata’ della via metabolica adatta al substrato. In particolare, il gene alkB1 non viene utilizzato quando il batterio consuma idrocarburi naturali (per es. il fitano); lo stesso gene si attiva invece in presenza di tetradecano, tipico componente del petrolio di origine antropogenica. Questo risultato rappresenta un interessante progresso per le ricerche sull’uso dei Bic come indicatori di contaminazione da idrocarburi in mare”.
Nell’ambito del progetto PON-SABIE, in collaborazione con il Ministero dell’Università e della Ricerca, sono stati condotti studi in vasche contenenti 12000 lt di acqua di mare, artificialmente contaminata da petrolio in condizioni controllate. “I risultati hanno dimostrato che nell’arco di 15 giorni l’inquinante veniva abbattuto per il 95%. Parallelamente veniva monitorato il cambiamento imposto dalla presenza di petrolio alla composizione microbica: al quindicesimo giorno il numero di filotipi era notevolmente ridotto, infatti, la popolazione microbica era rappresentata quasi esclusivamente da Alcanivorax s.p”.
Oggi i ricercatori dell’Iamc di Messina lanciano un’altra sfida: usare le potenzialità biotecnologiche dei Bic per i il risanamento di aree marine contaminate, la prevenzione della contaminazione da petrolio e il monitoraggio dei processi di biodegradazione e delle delle aree marine a rischio.

sabato 24 ottobre 2009

FIUME OLIVA RADIOATTIVITA' DA 3 A 6 VOLTE SUPERIORE ALLA NORMA

Ambiente
Nave veleni: problemi anche sulla terraferma


Lo scopo dell'intervento in mare è, innanzitutto, "dare un nome certo al relitto, operare rilevamenti in profondità su ogni tipo di campione, fornire informazioni sulle tipologie e sulla diffusione degli inquinanti contenuti nella stiva in modo da accertare gli eventuali rischi per la salute e l'ambiente e procedere ad una rapida messa in sicurezza". Cosi il sottosegretario al Ministero dell'Ambiente, Roberto Menia, nell'informativa del Governo, letta questa mattina in Aula alla Camera, sulle attività in corso per indagare sul caso delle 'navi dei veleni' affondate a largo delle coste calabresi.

Nell'area di fronte a Cetraro (Cosenza), Arpacal "ha identificato in particolare le dimensioni e la posizione del relitto sommerso, ha poi spiegato Menia riferendosi all’impiego di un robot munito di telecamera, il cosiddetto Rov, che ha effettuato riprese video che mostrano "adagiate attorno al relitto strutture metalliche di vario tipo”.

L'esplorazione "è stata solo esterna e non è stato possibile accedere alle stive ne' è stato possibile effettuare un campionamento di sedimenti per prove analitiche". Già da domani però il Rov inizierà a verificare “l’attività radioattiva ai diversi livelli di profondità" e a "prelevare campioni di fondo marino, di sedimento, di incrostazioni sullo scafo, di materiale da quello che sembra essere un fusto spezzato".

L’informativa rende inoltre noto che intanto "un valore radioattivo da 3 a 6 volte superiore la norma" e altre forme di grave inquinamento sono state riscontrate sulla terraferma, in quattro aree nel comune di Aiello Calabro e nell'area del fiume Oliva. Per questo motivo il ministero dell'Ambiente "intende procedere ad una più ampia e sistematica indagine sull'area vasta del fiume Oliva".

In particolare "si esaminerà tutto il corso del fiume, da Aiello Calabro fino alla foce, analizzando le acque superficiali e la falda". Considerando poi la gravità della situazione, anche sotto il profilo sociale ed economico, si è ritenuto che ricorrono le condizioni per richiedere gli interventi previsti dal Fondo di solidarietà per la pesca, “a tal fine è allo studio un apposito provvedimento che sarà sottoposto a breve scadenza per il parere alla commissione centrale consultiva per la pesca e l'acquacoltura". Infine, ha concluso il sottosegretario all'Ambiente, in collaborazione con la Regione Calabria, su intervento del Ministero delle Politiche agricole, "si è resa possibile la mobilitazione di risorse comunitarie".

giovedì 22 ottobre 2009

L'ACQUA SERVE ANCHE PER PRODURRE IDROGENO

L'idrogeno ottenuto dall'acqua


L'idrogeno è un combustibile“pulito” il suo uso potrebbe essere la soluzione al problema energeticone nel prossimo futuro. Purtroppo ci si scontra con gli altissimi costi di produzione, dal punto visto economico ma anche ambientale: attualmente il 96% dell'idrogeno viene prodotto da fonti non rinnovabili (carbone e idrocarburi) e solo il 4% dall'idrolisi dell'acqua.

Un gruppo di chimico-fisici italiani, del LENS (Laboratorio Europeo di Spettroscopie non Lineari) dell'Università di Firenze, ha ottenuto la fotodissociazione dell’acqua ad alta pressione con la produzione di idrogeno molecolare, studio pubblicato sull'ultimo numero dell'autorevole rivista scientifica PNAS.

L’uso dell’alta pressione ha dimostrato di essere efficace in diverse reazioni di sintesi. In questo caso è stato possibile ridurre le drastiche condizioni di pressione per le trasformazioni spontanee al range del kilobar, grazie alla fotoattivazione delle reazioni.

Nel caso specifico la sintesi di idrogeno è stata ottenuta da acqua miscelata con azoto o monossido di carbonio. Mediante la luce di un laser a ioni argon, e in particolare una radiazione ultravioletta a 350 nanometri, le molecole di acqua si sono dissociate in radicali OH e atomi di idrogeno.
Il radicale OH reagisce con l’altra specie presente nella miscela (N₂ oppure CO), e gli atomi di idrogeno si legano per dare H₂.

L'impiego dell'acqua è ovviamente di estremo interesse, in quanto fonte rinnovabile e a basso costo. Ma bisogna tenere conto che la luce laser impiegata nello studio costa molto e non può rappresentare una via praticabile alla sintesi industriale di idrogeno. Tuttavia, la radiazione utilizzata per eccitare l'acqua è nell’ultravioletto vicino: si può allora ipotizzare un sistema dove la radiazione usata possa essere quella solare nella quale il contenuto di UV vicino è tutt'altro che trascurabile.

La scelta delle molecole di azoto e monossido di carbonio – dicono gli scienziati del LENS- non è ancora quella ottimale per produrre idrogeno, perciò si stanno studiando altre soluzioni. Bisogna tenere conto che l'azoto è la molecola più stabile, e quindi è di per sé un successo riuscire a farla reagire: se si riesce con l’azoto, si riuscirà con tutte. Inoltre l’azoto è il componente principale dell'aria, quindi si può immaginare addirittura di comprimere semplicemente aria arricchita con acqua per generare idrogeno.

Forse nel futuro basteranno acqua, aria e sole per produrre energia.

sabato 17 ottobre 2009

OTTIMIZZAZIONE DELL'ACQUA DI IRRIGAZIONE

ANBI propone il software che ottimizza l’uso dell’acqua in agricoltura


Si chiama Irriframe il progetto che sarà presentato oggi a Roma in occasione dell’assemblea dell’ ANBI (l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni) dove è prevista la partecipazione del Ministro per le Politiche Agricole Alimentari Forestali, Luca Zaia.

Si tratta di un software messo a punto per ottimizzare l’uso dell’acqua durante l’irrigazione dei campi. “Ci stiamo lavorando da mesi, commenta Massimo Gargano, presidente Anbi, ma è particolarmente significativo che il suo lancio nazionale avvenga all’indomani dell’ importante vertice mondiale de L’Aquila, dove il tema centrale è stato il diritto all’acqua per tutti.”

“In questa prospettiva –continua il presidente- è necessario che un Paese, idricamente favorito come l’Italia, si assuma la responsabilità di ridurre i consumi d’acqua, preservando così la risorsa. La nostra proposta si chiama Irriframe ed è l’evoluzione più avanzata di esperienze condotte, da tempo, nei singoli Consorzi di bonifica ed in particolare dal Cer (Consorzio canale emiliano romagnolo) nella logica di quella “cultura del fare”, che permea il mondo della bonifica.”

Il software è assolutamente innovativo, perché combina i dati sulla disponibilità di risorsa idrica, sulla gestione imposta alle reti distributive e sulle caratteristiche idrauliche delle strutture di fornitura d’acqua alle utenze. Gestito centralmente dall’Anbi per rendere il servizio omogeneo sull’intero territorio nazionale, Irriframe sarà fortemente connotato per ogni singolo Consorzio.
Ogni agricoltore potrà ricevere il consiglio per una migliore irrigazione o via web o direttamente sul proprio cellulare attraverso Sms. Il sistema avrà, come area di riferimento, i distretti irrigui valutando, per ciascuno, l’idroesigenza delle colture, le indicazioni meteorologiche, i dati sullo stato idrico del suolo e della falda, le caratteristiche dell’impianto irriguo.

Incrociando tali parametri, Irriframe calcolerà il bilancio idrico, fornendo indicazioni su quando e quanto irrigare. Ciò permetterà di ottimizzare l’utilizzo d’acqua, risparmiandone il consumo, riducendo i costi di produzione, incrementando la competitività dell’agricoltura italiana; migliorerà anche la qualità del prodotto e saranno stabilizzate le rese fra le singole annate.



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venerdì 16 ottobre 2009

STUDIO SUGLI EFFETTI DELLE RADIAZIONI SULLE FALDE IDRICHE PROFONDE

Strati geologici profondi e scorie radioattive


Per rispondere a questa domanda occorre prima di tutto stabilire come e secondo quali criteri tali ripercussioni devono essere valutate. Questa "metodologia per la valutazione degli aspetti di pianificazione del territorio" sarà testata nei prossimi di mesi in uno studio che avrà luogo in Svizzera nei Cantoni di Argovia e Basilea campagna. I Comuni che si trovano nella regione di studio non sono destinati ad ospitare alcun deposito in strati geologici profondi reale.

Da novembre 2008 sono note le regioni che, secondo la Nagra, presentano una geologia adatta alla realizzazione di depositi in strati geologici profondi per scorie radioattive. Queste regioni saranno esaminate in modo approfondito nella procedura di selezione da poco avviata; l'esame avverrà in tre tappe, ciascuna della durata di alcuni anni, e comporterà un progressivo restringimento della rosa delle regioni candidate. Si prevede che la decisione definitiva in merito ai siti potrà essere presa fra circa 10 anni.

Valutazione degli aspetti di pianificazione del territorio dei siti potenziali

Oltre alla verifica della sicurezza tecnica e nucleare, la procedura di selezione comprende anche la valutazione degli aspetti di pianificazione del territorio dei siti potenziali, che rappresenta uno dei criteri decisionali per la per la scelta dei siti. Lo scopo di questa valutazione è analizzare le ripercussioni ecologiche, economiche e sociali che un deposito in strati geologici profondi può avere su una regione. La valutazione dovrà avvenire secondo criteri unitari per tutti i potenziali siti, così da permettere un confronto il più oggettivo possibile.

La valutazione degli aspetti di pianificazione del territorio e il successivo confronto dei siti avverranno nella seconda tappa della procedura di selezione, cioè presumibilmente a partire dal 2011. A questo riguardo, un gruppo di lavoro diretto dall'Ufficio dello sviluppo territoriale ARE ha elaborato nel 2008 una metodologia che è stata pubblicata, lo scorso mese di settembre, in un rapporto intermedio (cfr. link). L'elemento fondamentale di questa metodologia per la valutazione degli aspetti di pianificazione del territorio è un sistema di obiettivi e di indicatori basato sulle tre dimensioni della sostenibilità (ambiente, economia e società) che porta ad una valutazione attraverso un sistema di punti e di rilievi qualitativi:

ambiente: per es. superficie utilizzata, protezione della falda idrica, danneggiamento della flora e della fauna, impiego del materiale di scavo, inquinamento dell'aria, inquinamento fonico, inquinamento ambientale determinato dai trasporti ecc.

economia: per es. costi legati all'impianto, effetti sui redditi e sull'occupazione nella regione, modifica delle condizioni quadro per il turismo, l'agricoltura e i settori economici, modifica della situazione finanziaria dei Comuni della regione ecc.

società: per es. modifiche della struttura della popolazione, identità e cultura, peggioramento della qualità abitativa e del previsto sviluppo degli insediamenti, modifica delle caratteristiche degli abitati e degli spazi ricreativi vicini ad essi ecc.

La metodologia viene verificata su un deposito in strati geologici profondi fittizio

Su incarico del Gruppo di lavoro sulla pianificazione del territorio, del quale fanno parte rappresentanti delle autorità federali e dei potenziali Cantoni di ubicazione (noti da novembre 2008), questa metodologia di valutazione dovrà ora essere consolidata e affinata. Un importante strumento al riguardo è uno studio che consentirà di verificarne l'applicabilità pratica.

Questo studio sarà effettuato fra maggio e ottobre 2009 sulla base di un progetto di deposito in strati geologici profondi fittizio in una zona che non si trova in una delle potenziali regioni di ubicazione. I Comuni che si trovano nella regione di studio non fanno quindi parte degli effettivi siti potenziali e la possibilità che ospitino un futuro deposito in strati geologici profondi è esclusa.

La regione di studio comprende i seguenti Comuni (cfr. anche la cartina in allegato):

Cantone Argovia (17 Comuni): Eiken, Münchwilen, Sisseln (Distretto di Laufenburg), Hellikon, Kaiseraugst, Magden, Möhlin, Mumpf, Obermumpf, Olsberg, Rheinfelden, Schupfart, Stein, Wallbach, Wegenstetten, Zeiningen, Zuzgen (Distretto di Rheinfelden)
Cantone Basilea campagna (29 Comuni): Arisdorf, Bubendorf, Füllinsdorf, Giebenach, Hersberg, Lausen, Liestal, Ramlinsburg, Seltisberg (Distretto di Liestal), Böckten, Buus, Diepflingen, Gelterkinden, Hemmiken, Itingen, Maisprach, Nusshof, Ormalingen, Rickenbach (BL), Rothenfluh, Sissach, Tecknau, Tenniken, Thürnen, Wintersingen, Wittinsburg, Zunzgen (Distretto di Sissach), Hölstein, Lampenberg (Distretto di Waldenburg)
Per verificare la possibilità pratica di applicare la metodologia di valutazione anche ai dati disponibili in Germania, la regione di studio comprende anche tre Comuni tedeschi: Bad Säckingen, Rickenbach e Wehr.
Lo studio si baserà su dati concreti ricavati da piani di utilizzazione, piani direttori e piani settoriali, dati sull'economia e il mercato del lavoro locali nonché dati concernenti zone protette di importanza nazionale. Poiché questi dati saranno forniti dai Cantoni, la collaborazione dei Comuni non è necessaria. Le indagini non coinvolgeranno neanche la popolazione della regione di studio, perché si svolgeranno in gran parte a tavolino, negli uffici degli esperti di panificazione del territorio, e non sul campo.

Nel quadro di un incontro svoltosi a Sissach il 13 maggio 2009, le autorità federali e il competente Consigliere di Stato del Cantone Basilea campagna hanno informato in modo dettagliato i rappresentanti delle autorità dei Comuni della regione di studio e una delegazione dell'organizzazione tedesca "Planungsverband Hochrhein-Bodensee" in merito allo studio.

La metodologia di valutazione sarà applicata a casi reali solamente nella seconda tappa della procedura di selezione

La metodologia per la valutazione degli aspetti di pianificazione del territorio sarà ulteriormente affinata sulla base dei risultati dello studio. Il suggello definitivo si avrà presumibilmente nel 2011, con la decisione del Consiglio federale in merito alla definizione, nel Piano settoriale dei depositi in strati geologici profondi, delle aree di ubicazione adatte dal punto di vista geologico. Successivamente inizierà la seconda tappa della procedura di selezione, nella quale la metodologia sarà applicata, in collaborazione con i Cantoni di ubicazione, per valutare gli aspetti di pianificazione del territorio e per confrontare i siti indicati nel Piano settoriale.

Fonte: Ufficio federale dell'energia UFE



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martedì 29 settembre 2009

ENZIMI MODIFICATI PER DECOMPORRE IL TRICLOROPROPANO

Enzimi modificati geneticamente per eliminare sostanze chimiche dall’ambiente


Un team internazionale di scienziati, coordinati dall'Università Masaryk (Repubblica ceca), è riuscito a sviluppare un nuovo metodo per ottimizzare le caratteristiche funzionali degli enzimi. A beneficiare dei risultati ottenuti saranno gli operatori dei settori medicale, chimico e alimentare. La procedura è stata presentata sulla rivista Nature Chemical Biology.

La modificazione degli enzimi può contribuire in modo efficace al benessere di esseri umani e animali e alla tutela dell'ambiente. Una portavoce dell'istituto, che ha sede a Brno, ha affermato che questi enzimi possono essere utilizzati per eliminare in modo sicuro le sostanze chimiche artificiali tossiche che potrebbero avere effetti negativi sull'ambiente.

Tereza Fojtová ha poi spiegato che queste sostanze chimiche hanno ripercussioni considerevoli sulla natura, aggiungendo che gli scienziati dei laboratori della Università Loschmidt hanno scoperto come rimuovere queste tossine dall'ambiente in modo efficiente.

"Siamo ora in grado di utilizzare le modificazioni genetiche per cambiare le caratteristiche degli enzimi in modo tale da consentirgli di degradare le sostanze nocive nell'ambiente più rapidamente e con maggiore semplicità" ha spiegato il professor Jiri Damborsky dell'Istituto di biologia sperimentale dell'Università Masaryk.

Le ricerche svolte in passato miravano alla possibilità di modificare le caratteristiche degli enzimi in situ, all'interno delle strutture, ovvero nel punto in cui avvengono le reazioni chimiche. La differenza di questi studi con quello svolto di recente risiede nel fatto che quest'ultimo ha analizzato le variazioni che avvengono nei cosiddetti "tunnel di accesso". Con questo metodo, la sostanza da decomporre riesce ad accedere al sito attivo attraverso i tunnel di accesso, senza il coinvolgimento di un solvente. In questo modo la decomposizione avviene in tempi considerevolmente più rapidi.

Il team ha provato la validità di questa procedura creando una sostanza altamente tossica in grado di decomporre gli enzimi, definita tricloropropano (TCP). Questa sostanza, che si presenta come un liquido pesante incolore caratterizzato da un odore dolciastro persistente, evapora rapidamente.

Prodotto secondario della produzione chimica, il tricloropropano è in grado di inserirsi principalmente in acqua, nel suolo, nelle acque nere e nella catena alimentare. Il tricloropropano è individuabile da più di un secolo nel suolo e nelle acque del sottosuolo. Secondo i ricercatori questa sostanza tossica è parzialmente responsabile dello sviluppo delle neoplasie umane.

Questa nuovissima procedura ha consentito agli scienziati di sviluppare un enzima in grado di scomporre il TCP a una velocità di 32 volte superiore rispetto al passato. Il metodo può inoltre essere utilizzato in altri campi di applicazione: questa procedura, ad esempio, può essere utilizzata per migliorare la qualità degli enzimi impiegati nella biomedicina, come anche di quelli utilizzati nell'industria chimica e alimentare.

I ricercatori dell'Istituto Pasteur (Francia), dell'Università di Vienna (Austria) e dell'Istituto Weizmann (Israele) hanno già manifestato il loro interesse per questa nuova procedura.

Per questo progetti i ricercatori dell'Università Masaryk si sono avvalsi della collaborazione di colleghi della Palacky University Olomouc (Repubblica ceca), dell'European Media Laboratory (Germania) e della Sendai University (Giappone).

La ricerca è stata parzialmente finanziata dal ministero ceco per l'Istruzione, i giovani e lo sport, dalla Fondazione ceca per la scienza e dalla Fondazione Klaus Tschira in Germania

lunedì 28 settembre 2009

ALMENO QUELLA SULLA LUNA SARA' ACQUA PURA

È ufficiale: c’è acqua sulla Luna


Non saranno laghi, fiumi e oceani, e forse nemmeno acqua allo stato liquido, ma sull'intera superficie lunare esistono molecole di idrossile. Una scoperta importantissima, che oltre ad avere rilevanti conseguenze scientifiche potrebbe influire sull'immaginario di una luna arida e secca.

Tre ricerche indipendenti, basate sui dati provenienti dalle missioni spaziali Chandrayyan 1, Deep Impact e Cassini hanno consentito a studiosi statunitensi di confermare la presenza, in diversi punti della superficie lunare, d’acqua. E questo basta a cambiare profondamente le nostre teorie sulla Luna, a lungo considerato un corpo celeste completamente secco e inospitale, con importanti implicazioni per eventuali colonie umane sul nostro satellite naturale.

I tre gruppi (tra India, Italia e Stati Uniti) hanno utilizzato i dati spettrometrici raccolti dalle tre missioni Chandrayyan 1 (una missione dell’agenzia spaziale indiana lanciata nel 2008) Deep Impact (della NASA, lanciata nel 2005 verso la cometa Tempel 1) e Cassini (missione NASA-ESA-ASI per lo studio di Saturno e dei suoi satelliti). Solo la prima è una missione effettivamente dedicata alla Luna. Le altre due hanno compiuto dei flyby su di essa (quello di Cassini risale al 1999) per sfruttarne l’effetto gravitazionale lungo il loro viaggio. Tutte e tre sono dotate di spettrometri, strumenti in grado di individuare le “firme” caratteristiche di ogni molecola, il suo spettro di assorbimento.

A sorpresa, le osservazioni degli scienziati hanno dimostrato che le zone più ricche d'acqua sono quelle più vicine ai Poli. Inoltre pare che la formazione delle molecole d'acqua sia un processo ciclico, favorito dall'azione del vento solare che deposita continuamente protoni sulla superficie. I protoni, abbinati all'ossigeno presente, danno vita alle molecole di acqua.

I dati pubblicati su Science, spiega Enrico Flamini, responsabile dell’Unità di osservazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana, ''indicano che c'è una quantità di acqua relativamente alta diffusa su tutta la superficie e intrappolata in minerali idrati''. Il dato interessante, secondo Flamini, è che si tratta ''di una quantità più alta di quella che si potrebbe ipotizzare se l'acqua fosse stata portata sulla Luna dall'impatto di comete. Potrebbe insomma, essere acqua già presente nel momento in cui si è formata la Luna''.

Questa scoperta è destinata a cambiare profondamente il modo in cui guardiamo al nostro satellite naturale. La teoria predominante ha finora descritto la Luna come un pezzo di Terra, staccatosi circa 4 milioni di anni fa (quando il nostro pianeta era ancora in formazione) a causa dell’impatto di un corpo delle dimensioni di Marte. In questo caso, all’epoca della sua nascita la Luna non avrebbe potuto avere acqua sulla sua superficie, ancora costituita da magma ad altissime temperature. Per questo la ricerca di ghiaccio si è sempre concentrata sui freddi crateri vicini alle regioni polari, dove potrebbe essersi conservato dopo l’impatto di una cometa.

Queste conclusioni erano in parte basate sull’analisi dei campioni di rocce lunari riportati dalle missioni Apollo tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta. Campioni per lo più secchi, se non per minime parti di acqua che erano state spiegate come contaminazioni avvenuta sulla Terra. Alla luce degli studi appena pubblicati, quella valutazione era forse errata. Le scoperte annunciate oggi parlano di acqua distribuita sulla superficie del pianeta, per quanto in piccole quantità, e questo non si può spiegare con le comete. Come spiega Flamini, acquista di nuova forza la teoria che la Luna possa essersi formata per accrescimento, come la Terra ma in modo indipendente da essa.

Altre teorie per spiegare la presenza di acqua sulla superficie lunare comprendono l’impatto di meteoriti, che potrebbero aver portato alla superficie dell’acqua intrappolata in profondità. Oppure potrebbe essere il vento solare ad aver portato sulla Luna idrogeno che poi si sarebbe legato con l’ossigeno sul suolo lunare. Dunque, questa scoperta segna una svolta, ma da dove venga la Luna… il dibattito è ancora aperto.



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giovedì 24 settembre 2009

LA CO2 ACIDIFICA GLI OCEANI

Gli oceani assorbono CO₂ rendendo acide le acque


L’acidificazione degli oceani minaccia seriamente il futuro di molti importanti organismi marini. Due studi, in parte finanziati dall'Unione europea e pubblicati ora nella rivista Biogeosciences, mettono in risalto i precedenti avvertimenti lanciati dagli scienziati di tutto il mondo circa questo effetto secondario dovuto alle eccessive emissioni di CO₂.

Entrambe le ricerche sono in parte supportate dal progetto EPOCA ("European project on ocean acidification"), che è finanziato nell'ambito del Settimo programma quadro (7° PQ). EPOCA raggruppa più di 100 ricercatori per studiare le implicazioni biologiche, ecologiche, bio-geo-chimiche e sociali dell'acidificazione oceanica.

I ricercatori hanno esaminato gli effetti della crescente acidificazione su una parte rilevante della catena alimentare dell'oceano e sui coralli presenti nelle acque profonde. Entrambe queste aree mostrano dei marcati cambiamenti nella struttura, nella funzione e nelle attività degli ecosistemi polari.

Gli oceani hanno assorbito un terzo delle emissioni di biossido di carbonio prodotte dal 1800, limitando così il riscaldamento globale. Tuttavia, le proprietà chimiche dell'acqua di mare hanno subito dei mutamenti significativi, come la riduzione dei livelli di pH (il processo definito acidificazione).

Gli studi hanno esaminato due anelli nell'ecosistema marino artico. Il primo sono gli pteropodi, una diffusa specie di molluschi pelagici che rappresenta il cibo preferito di zooplancton, aringhe, balene e altri predatori. Le barriere coralline che si trovano in acque fredde e profonde costituiscono un rifugio per molte specie e fungono da indicatore delle proprietà chimiche delle acque marine in loro prossimità.

L'altro anello della catena, il corallo Lophelia pertusa che vive in acque fredde, è stato tra i primi ad essere colpiti dalla crescente acidificazione. Poiché vivono nelle profondità oceaniche, queste specie sono anche molto difficili da raggiungere. In uno dei primi studi di questo genere, i ricercatori dell'Istituto nazionale francese delle Scienze dell'Universo (CNRS-INSU) e dell'Istituto Reale olandese per la Ricerca Marittima hanno collaborato al fine di raccogliere campioni.

I campioni di pteropodi sono stati raccolti vicino all'isola di Spitsbergen, in Norvegia, utilizzando un nuovo metodo che non sottopone a stress gli animali e permette loro di sopravvivere per un periodo in cattività. Questo tipo di studio è fondamentale per capire come gli pteropodi reagiscono alla crescente acidificazione e ai cambiamenti dei livelli di aragonite.

Al fine di comprendere pienamente l'effetto dei cambiamenti climatici sugli pteropodi, i ricercatori stanno cercando di aumentare il periodo di tempo in cui gli animali possono essere tenuti in cattività. Questo ulteriore lavoro sfrutterà i metodi utilizzati nella ricerca, permettendo di ottenere una panoramica più completa di come i cambiamenti dei livelli di acidificazione possano colpire questo anello fondamentale della catena alimentare dell'oceano.

I ricercatori hanno scoperto che anche i campioni di corallo raccolti nel Mare del Nord subivano le ripercussioni dell'acidificazione. A differenza dei coralli tropicali, le barriere coralline in acque fredde sono costruite da una o due specie: l'aumentata acidificazione li fa crescere ad un ritmo più lento, cosa che potrebbe costituire una potenziale minaccia per l'esistenza di queste strutture biologiche. Tuttavia, l'esatta misurazione della loro crescita è ostacolata dal fatto che non crescono allo stesso modo delle barriere coralline tropicali. Ottimizzando i futuri esperimenti sulle reazioni dei coralli che vivono nelle acque profonde all'aumento della calcificazione, i ricercatori sperano di estendere e allargare le ricerche ad altri settori geografici e a diverse profondità.

Attualmente, il solo modo conosciuto per controllare l'acidificazione oceanica consiste nel limitare i futuri livelli di CO2 nell'atmosfera terrestre. Mentre particolare attenzione viene dedicata all'effetto che l'aumento della temperatura potrebbe avere, l'effetto del continuo assorbimento di CO2 da parte degli oceani avrà delle conseguenze potenzialmente drammatiche su interi ecosistemi.

FRA QUALCHE ANNO ANCHE IL METOMIL NELLE FALDE

UE: il metomil è autorizzato


La Commissione europea ha rivalutato, e poi inserito, il metomil nell'apposito elenco delle sostanze attive contenute nella direttiva europea relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari.

Dunque, potrà essere messo sul mercato, ma solo come insetticida per vegetali e nel rispetto degli accorgimenti previsti dal rapporto del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali. Gli stati membri dovranno adeguarsi entro il 31 gennaio 2010.

La produzione e il consumo di prodotti di origine vegetale e animale rivestono grande importanza nella Comunità. Ma la resa della produzione vegetale è costantemente minacciata da organismi nocivi. L'impiego di sostanze attive nei prodotti fitosanitari (cioè antiparassitari che possono avere effetti nocivi per l'ambiente, gli animali e anche l'uomo) è uno dei metodi più comuni di protezione dei vegetali e dei prodotti vegetali dall'azione degli organismi nocivi.

L'impiego di tali sostanze può tuttavia comportare la presenza di residui nei prodotti trattati, negli animali nutriti con tali prodotti e nel miele delle api esposte a tali sostanze. Residui dunque che spesso hanno un'elevata tossicità.

Proprio perché è una sostanza potenzialmente pericolosa, gli effetti del metomil sono stati valutati dagli Stati membri, dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare e dalla Commissione. In un primo momento, l'iscrizione nell'apposito elenco della direttiva fu rifiutata, a causa della natura inconcludente della valutazione dell'esposizione dei lavoratori e degli astanti.

La nuova valutazione dello Stato membro relatore (Regno Unito) e la nuova conclusione dell'Efsa si sono concentrate sugli elementi che avevano motivato il rifiuto iniziale. Nel nuovo fascicolo sono stati presentati nuovi dati e nuove informazioni ed è stata effettuata una nuova valutazione sul metomil. È stato quindi dimostrato che si possono ottenere livelli accettabili di esposizione dell'operatore indossando dispositivi di protezione supplementari rispetto a quelli indicati nel fascicolo iniziale.

Per quanto concerne i rischi per i lavoratori e per gli astanti, è stato chiarito che alle utilizzazioni indicate nel nuovo fascicolo non sono connessi rischi inaccettabili. Infine i rischi per gli uccelli, i mammiferi, gli organismi acquatici, le api e gli artropodi non bersaglio possono essere considerati accettabili a condizione che venga applicata la dose meno elevata tra quelle indicate e che vengano attuati opportuni provvedimenti di gestione dei rischi.

Non a caso, possono essere autorizzati solo gli usi come insetticida su vegetali, a dosi non superiori a 0,25 kg di sostanza attiva per ettaro per applicazione e non più di due applicazioni per stagione. Tuttavia, al fine di escludere qualsiasi rischio di avvelenamento intenzionale o accidentale, la direttiva prescrivere che nei prodotti fitosanitari contenenti metomil vengano incorporati agenti repellenti e/o emetici e che venga autorizzato esclusivamente l'uso professionale di tali prodotti fitosanitari.

Fonte: Greenreport



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domenica 13 settembre 2009

EFFETI CUMULATIVI DEI PESTICIDI EFFETTI SULLA SALUTE UMANA

Pesticidi: allo studio dell’EFSA gli effetti sulla salute umana


L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha pubblicato i risultati di un lavoro scientifico tuttora in corso volto a sviluppare metodologie per la valutazione degli effetti cumulativi derivanti dall'esposizione dei consumatori ai pesticidi. Il lavoro esamina un gruppo di pesticidi caratterizzati da struttura chimica ed effetti tossici simili, per verificare se il loro impatto sulla salute umana possa essere valutato collettivamente invece che su base solo individuale.

Il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui prodotti fitosanitari e i loro residui (PPR) è pervenuto alla conclusione che sarebbe necessario raggiungere un consenso a livello internazionale su quali gruppi di pesticidi possano essere analizzati congiuntamente mediante un approccio alla valutazione del rischio cumulativo. Il gruppo di esperti ha specificato che, per risolvere le incertezze, è necessario lavorare ulteriormente all’applicazione delle nuove metodologie di valutazione del rischio cumulativo e che occorrono tuttora linee direttrici per le metodologie idonee alla valutazione dell’esposizione.

In un precedente parere in merito, il gruppo PPR ha esaminato tutti i tipi di tossicità combinata dei pesticidi, compresa l’interazione di sostanze chimiche diverse tra loro ed è giunto alla conclusione che soltanto gli effetti cumulativi derivanti dall’esposizione simultanea a sostanze che possiedono una comune modalità di azione danno adito a timori, per i quali sono necessarie ulteriori indagini.

Per fornire una valutazione delle metodologie proposte nel precedente parere dell’EFSA, il gruppo di esperti ha selezionato alcuni pesticidi del gruppo dei fungicidi triazolici, sulla base della loro somiglianza in termini di struttura chimica e meccanismo d’azione, un prerequisito per la valutazione degli effetti cumulativi. Va sottolineato che tale lavoro non può essere considerato come una valutazione definitiva del rischio associato ai triazoli.

Il gruppo di esperti ha valutato diversi scenari, che prevedevano effetti tossicologici a lungo e a breve termine, e ha preso in considerazione questioni che potrebbero essere pertinenti per quanti hanno la responsabilità di decidere la definizione dei livelli massimi di residui (LMR) o la valutazione della reale esposizione ai pesticidi. La valutazione si è basata su dati recenti in merito ai residui triazolici negli alimenti e su dati relativi al consumo alimentare.

Il lavoro dell’EFSA sulla valutazione del rischio cumulativo, compresi gli esiti del presente parere scientifico, contribuisce alla definizione dei livelli massimi di residui (LMR), i livelli residuali di pesticidi ammessi negli alimenti per assicurare che i consumatori vengano tutelati e buone pratiche agricole vengano seguite. L’iniziativa rientra anche nel continuo impegno dell’EFSA a partecipare in prima linea allo sviluppo di metodologie per la valutazione del rischio. Si rifà inoltre alle raccomandazioni elencate nel suo precedente parere scientifico in merito e rientra nel più ampio lavoro dell'EFSA sulla valutazione del rischio cumulativo, come seguito al "Colloquio scientifico sulla valutazione del rischio cumulativo" del 2006, che ha contribuito a orientare ulteriori sviluppi nel campo.

Fonte: EFSA

mercoledì 9 settembre 2009

ENERGIA VERDE DA UN MIX DI ACQUA DOLCE E SALATA

Energia pulita da un mix di acqua dolce e salata


Anche questa scoperta come molte altre è avvenuta per caso: Doriano Brogioli, ricercatore presso il dipartimento di Medicina Sperimentale dell'Università di Milano-Bicocca si è imbattuto in un'intuizione sul potenziale energetico che può essere ricavato dal contrasto fra soluzioni con diversi gradi di salinità.

Il lavoro è stato pubblicato lo scorso luglio sulla rivista Physical Review Letters e ripreso pochi giorni fa da anche da Nature. In effetti, che il miscuglio di acqua dolce e acqua salata rilasciasse una quantità di energia era un fatto già noto al mondo scientifico sin dagli anni Settanta del secolo scorso, ma non si erano ancora fatti passi avanti per la realizzazione di impianti capaci di estrarre e catturare questa energia in modo costante.

In un anno di lavoro è riuscito a mettere a punto una metodologia efficace per la produzione a costi vantaggiosi di energia elettrica estraibile dal mix di acqua dolce e salata, o dal mix di acqua con diversi gradi di salinità.

Come funziona? «Le tecniche proposte negli anni Settanta - spiega Brogioli - erano antieconomiche perché basate sull'osmosi e richiedevano l'impiego di membrane costose e facili a sporcarsi che permettevano il funzionamento degli impianti solo per poche ore. La tecnica che propongo io è basata sull'elettrocinetica e sulla tecnologia dei supercondensatori a doppio strato, formati da due elettrodi di carbone attivo. Il carbone attivo è un materiale che viene usato nella depurazione dell'acqua ma essendo molto poroso si presta per la realizzazione di elettrodi con grandissima superficie, fino a mille metri quadri per ogni grammo. Grazie a questa enorme superficie, quando i due elettrodi vengono messi nell'acqua salata e vengono caricati assorbono gli ioni e possono contenerne quantità immense. Se si immette acqua dolce gli ioni vengono rimossi dal condensatore sviluppando un potenziale di energia maggiore rispetto a quello iniziale. Il funzionamento a ciclo continuo permette, dunque, di ottenere quantità interessanti di energia pulita e gratuita».

Ma quanta energia si può ottenere? Se, per ipotesi, l'impianto fosse alimentato dall''intera portata d'acqua di un fiume come il Po, l'energia che si potrebbe ottenere è pari a quella prodotta da un impianto nucleare di ultima generazione.Questo sistema, dice Brogioli, può essere molto vantaggioso in alcune singole situazioni dove ci sono risorse inutilizzate a disposizione senza fare danno all'ambiente».

Intanto, alcuni potenziali partner commerciali hanno già manifestato interesse verso la tecnologia sviluppata nei laboratori del dipartimento di Medicina Sperimentale. A farsi avanti sono stati il Centro di ricerca olandese Wetsus e la SGL Group, una società internazionale leader nel campo dei prodotti basati sul carbone con sede anche a Milano.

Fonte: Università degli studi di Milano Bicocca

lunedì 31 agosto 2009

LA MOLECOLA DELL'ACQUA QUESTA SCONOSCIUTA

Le 66 proprietà “anomale” della molecola d’acqua


Benché sia la molecola più comune e a noi più familiare, l'acqua è un elemento che non manca mai di stupire. Presenta una struttura molecolare semplicissima: due atomi d'idrogeno legati a uno di ossigeno, eppure è ancora un rompicapo. Secondo una ricerca coordinata dagli Stati Uniti (con l'acceleratore Slac, gestito per il dipartimento dell'Energia dall'università di Stanford) e condotta in collaborazione con università Svedesi e Giappone, l'acqua avrebbe 66 proprietà "anomale".

Diversamente da tutti gli altri liquidi, l'acqua raggiunge la sua massima densità a 4°C, ed essa diminuisce sia che si vada sopra o sotto la soglia dei 4°C, differentemente a molti altri materiali per i quali temperature rigide portano ad un aumento di densità, mentre il calore la diminuisce;

L'acqua è in grado di immagazzinare una grande quantità di calore, cosa che rende stabili le temperature degli oceani, o che ad esempio consente ai radiatori di scambiare efficacemente il calore accumulato da un motore;

La tensione superficiale dell'acqua è molto alta, rendendo più facile il trasporto dell'acqua negli alberi anche a grandi altezze;

Allo stato solido, può assumere diverse forme, come il ghiaccio vetroso o del ghiaccio amorfo. Allo stato liquido il discorso non cambia, potendo trovare acqua "standard", pesante, superpesante, superfredda, leggera.

"Capire queste anomalie è molto importante perchè l'acqua è la base fondamentale della nostra esistenza: niente acqua, niente vita" afferma Anders Nilsson, uno dei partecipanti alla sperimentazione sull'acqua condotta dal Dipartimento dell'Energia americano in collaborazione con diverse università svedesi e giapponesi. "Il nostro lavoro aiuta a spiegare queste anomalie a livello molecolare a temperature che sono rilevanti per la vita".

Sottoponendo un campione di acqua liquida ai raggi-X è stato scoperto che, a temperatura ambiente, le molecole assumono due strutture: una molto disordinata, e un'altra molto ordinata, tetraedrica. In particolare, la struttura ordinata esiste in gruppi di circa 100 molecole, attorno ai quali sono presenti molecole disposte in maniera disordinata. Il liquido è quindi una formazione mista, composta da entrambe le strutture.

Aumentando la temperatura, i gruppi ordinati diventano sempre più rari, ed aumenta il disordine nelle regioni popolate da molecole che non appartengono a nessuna struttura.

Questa scoperta, per quanto possa sembrare priva di molta importanza se non accademica, consente di spiegare stati dell'acqua molto raffinati, come l'acqua "superfredda", una condizione in cui l'acqua, nonostante sia sottoposta a temperatura inferiore agli 0°C, non congela ma rimane liquida Questi stati fuori dall'ordinario sono il futuro della tecnologia ambientale, spaziale, ospedaliera, farmacologica, e via dicendo, perchè aprono panorami finora nemmeno immaginati in diversi campi di ricerca. E spiega anche alcune proprietà misteriose dell'acqua.

La densità dell'acqua a 4°C può essere spiegata con una presenza maggiore di strutture disordinate, che hanno una densità maggiore rispetto a quelle ordinate (che sono meno dense perchè sono disposte secondo una struttura che lascia molti "spazi vuoti" tra le molecole). Aumentando la temperatura, il disordine cresce, diminuendo la densità dell' acqua; se la temperatura diminuisce oltre i 4°C, le strutture ordinate, meno dense delle aree disordinate, aumentano di numero, diminuendo ugualmente la densità.

Per quanto riguarda la capacità di immagazzinare calore, dipende anch'essa dal disordine delle molecole: più aumenta la temperatura, più cresce la percentuale di molecole nelle regioni disordinate, aumentando anche la capacità di assorbire il calore. Infine, la tensione superficiale viene spiegata grazie ai forti legami che l'acqua è in grado di sviluppare con l'idrogeno.

"Se non comprendiamo la materia primaria della vita, come possiamo studiare altre sostanze complesse - come le proteine - che sono immerse nell'acqua?" dice Congcong Huang, ricercatore che ha condotto l'esperimento ai raggi-X "Dobbiamo capire la parte semplice prima di passare a quella complessa".

mercoledì 26 agosto 2009

OSSIDO DI ALLUMINIO MODIFICATO PER PURIFICARE L'ACQUA

Purificare le acque sostituendo un atomo


Sostituendo un unico atomo nel composto comunemente utilizzato per purificare l’acqua, l’ossido di alluminio, i ricercatori Sandia National Laboratories hanno creato un decontaminante più efficace e con una durata superiore ai prodotti in uso, attualmente sul mercato.

Il nuovo materiale, che è appena stato brevettato, rimuove la carica batterica, virale e altri contaminanti organici e inorganici dall’acqua di fiume destinata al consumo umano e dagli impianti di trattamento delle acque reflue, prima che siano reimmesse nell'ambiente.

“Il consumo umano di acqua potabile sta aumentando in tutto il mondo e le forniture diventano più scarse, ” ha detto May Nyman ricercatrice dei laboratori Sandia ” I progressi tecnologici come questo possono aiutare a risolvere i problemi di trattamento delle acque sia nei paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo. ”

Lo studio è stato pubblicato sull’Environmental Science & Technology (una pubblicazione di American Chemical Society) e riportato su Chemical & Engineering News.
“Il nuovo reattivo per il trattamento delle acque, noto come coagulante, presenta la sostituzione di un atomo di gallio al centro di un cluster di ossido di alluminio, il coagulante più comunemente utilizzato nella depurazione delle acque” dice Nyman.

La sostituzione non verrà eseguita atomo per atomo ma piuttosto si utilizza un semplice processo chimico: si sciolgono i sali di alluminio nell'acqua, e il sali di gallio in una soluzione di idrossido di sodio e quindi, lentamente, si aggiunge la soluzione di idrossido di sodio alla soluzione di alluminio durante il riscaldamento. “La sostituzione chimica di un atomo di gallio per un atomo di alluminio è stata studiata dai collaboratori del Sandia all'Università della California a Davis.

“ La sostituzione di un solo atomo con uno di gallio in tali composti fa una grande differenza, ” dice Nyman. “Si migliora la stabilità e l'efficacia del reattivo. Noi abbiamo fatto numerosi test confrontandolo con una varietà di prodotti commercialmente disponibili. Il nostro prodotto è il migliore in un’ampia gamma di condizioni. ”

“Gli effetti sono di grande portata”, lei ha detto, “quando si tratta di una fonte di acqua naturale come un fiume.”

martedì 25 agosto 2009

MENBRANE SEPARATRICI DA ZEOLITI SINTERIZZATE

Purificare con la zeolite


La capacità di separare e purificare specifiche molecole in una miscela è un requisito essenziale per la produzione chimica. Molte separazioni industriali si basano sulla distillazione, un processo che è facile da progettare e attuare, ma che consuma molta energia. Un altro metodo, più economico, utilizza i cristalli di zeolite.

Le zeoliti sono alluminosilicati con varie strutture cristalline, con unità base di natura tetraedrica (AlO4 e SiO4 sono le molecole base), che contengono cavità occupate da ioni e/o molecole di acqua, che permettono lo scambio ionico e molecolare (le cavità sono comprese tra i 3 ed i 10 Angstrom). La loro elevata superficie interna permette una grande capacità di scambio (meccanismo di adsorbimento e deadsorbimento a riproducibilità elevata).

Le caratteristiche chimiche e chimico-fisiche che garantiscono la specificità verso alcune molecole, la resistenza al calore, tra le altre cose le rendono materiali molto usati in industria (agenti essiccanti, agenti depuranti, ecc.).

Però, fino ad oggi, la zeolite è poco utilizzata per produrre membrane da utilizzare per le separazioni, in quanto durante il processo di produzione inevitabilmente si creano delle fessure nel cristallo. Questi difetti hanno impedito alla zeolite di essere utilizzata efficacemente come membrana, perché le molecole indesiderate rifiutate dai pori della zeolite possono ancora penetrare attraverso le imperfezioni.

Anche se è possibile correggere alcuni di questi difetti, il processo di riparazione è difficile e costoso. Attualmente tali membrane hanno trovato impiego solo in applicazioni specializzate, su scala ridotta, come ad esempio nell'eliminazione di acqua da alcoli o altri solventi.

I ricercatori dell'University of Minnesota, guidati dall'ingegnere chimico Michael Tsapatsis, hanno sviluppato un trattamento di riscaldamento rapido per rimuovere i difetti strutturali nella sintesi di membrane di zeolite.

Il team di Tsapatsis ha pubblicato questa scoperta sul numero del 31 luglio di Science.

Questa scoperta potrebbe consentire la produzione economica di solventi chimici come xilene e biocarburanti rinnovabili come etanolo e butanolo.

Il team di Tsapatsis ha sviluppato un trattamento chiamato Rapid Thermal Processing (RTP), un trattamento in cui la zeolite è riscaldata a 700 gradi Celsius entro un minuto e conservata a tale temperatura per non più di due minuti. Questo metodo innovativo perfeziona la struttura granulare del cristallo.

Quando i ricercatori hanno esaminato la membrana trattata RTP, non hanno trovato alcuna traccia di fessurazioni. Anche se hanno trovato altri tipi di difetti, questi non sembrano influire sulla proprietà o prestazioni della membrana.

"Abbiamo osservato un forte miglioramento nella capacità di separazione delle membrane trattate con RTP" commenta Tsapatsis, "le prestazioni sono ad un livello paragonabile ai metodi di separazione attuali dell'industria".

I ricercatori hanno dimostrato la validità del processo RTP su membrane relativamente spesse (diversi micrometri). Tsapatsis e collaboratori stanno adesso lavorando per produrre membrane da 10 a 100 volte più sottili in modo da consentire un flusso più rapido.

domenica 23 agosto 2009

NUOVA VALUTAZIONE DI RISCHIO NELL'USO DEI PESTICIDI

Sicurezza: dall'EFSA una nuova valutazione del rischio per i pesticidi


L'EFSA ha avviato una consultazione pubblica per la valutazione dei rischi derivanti dall'uso di pesticidi per lavoratori, operatori, astanti e, per la prima volta, residenti. Da questa consultazione si potrà offrirà ai gestori del rischio uno strumento che consentirà loro di effettuare una valutazione armonizzata e stime più precise del rischio di esposizione ai pesticidi.

Il gruppo di esperti scientifici sui prodotti fitosanitari e i loro residui (PPR) dell'EFSA ha proposto di apportare una serie di modifiche alle prassi correnti nell'ambito della valutazione dell'esposizione ai pesticidi attraverso il contatto con la pelle e l'inalazione. In particolare, il gruppo ha introdotto una valutazione supplementare del rischio. Il gruppo ha dichiarato che per questo tipo di valutazione sarà necessario specificare un nuovo valore tossicologico di riferimento: un livello acuto accettabile di esposizione degli operatori (AAOEL).

Tale valore può essere utilizzato come riferimento per stime realistiche dell'esposizione nella stessa giornata per operatori, lavoratori e astanti. Non vi è necessità di una valutazione separata del rischio acuto per i residenti, in quanto verrà presa in esame nell'ambito della valutazione del rischio acuto per gli astanti. Il gruppo di esperti scientifici PPR dell'EFSA ha precisato che tali modifiche consentiranno una migliore tutela di questi gruppi tramite il miglioramento dell'attuale metodo di valutazione del rischio e delle stime statistiche degli scenari di esposizione. La disponibilità di un metodo armonizzato garantirà omogeneità tra gli approcci adottati dalle autorità di regolamentazione a livello di UE.

Inoltre, il gruppo ha elencato una serie di opzioni corrispondenti ai diversi livelli di tutela di cui i gestori del rischio possono tenere conto al momento della regolamentazione dell'impiego sicuro dei PPP. Nella bozza del documento si raccomanda di svolgere ulteriori studi per ridurre le attuali incertezze per gli scenari in cui le stime dell'esposizione sono meno attendibili. Per alcuni scenari, i dati disponibili relativi all'esposizione sono particolarmente limitati, pertanto ulteriori studi risulterebbero utili per migliorare le attuali conoscenze (ad esempio studi sull'esposizione dei lavoratori per scenari di ispezione delle colture, specialmente per i cereali, e per attività post-raccolto come il confezionamento di ortaggi).

Questo parere del gruppo di esperti scientifici PPR concernente la "Preparazione di un documento orientativo per la valutazione dell'esposizione ai pesticidi per lavoratori, operatori, astanti e residenti" è ora disponibile sul sito internet dell'EFSA per la consultazione pubblica e i commenti fino al 15 settembre 2009. Tutte le parti interessate sono invitate a presentare i propri commenti di cui verrà tenuto conto per l'ultimazione del parere entro la primavera del 2010. Il parere farà parte del primo documento orientativo di questo tipo destinato a essere utilizzato nell'ambito della valutazione del rischio a scopo di regolamentazione dei prodotti fitosanitari nell'Unione europea (UE), che sarà ultimato dalla Commissione europea e dagli Stati membri.

Fonte: EFSA

ISOPRENE NELL'ARIA,AEROSOL INQUINANTI DALLE PIANTE

Una nuova ricerca mostra che i composti organici del carbonio rilasciati dagli alberi influiscono sulla qualità dell'aria. Alcuni scienziati provenienti da Danimarca, Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno scoperto che l'ossidazione dell'isoprene, un idrocarburo, genera prodotti allo stadio gassoso e aerosol che hanno un impatto sul riscaldamento globale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science.

L'isoprene (che si forma naturalmente e che è un precursore dell'ozono) viene emesso da molti alberi a foglie decidue, tra i quali le querce danno il contributo maggiore. Le emissioni globali di isoprene dalle piante sono stimate in oltre 500 teragrammi ogni anno.

In un articolo correlato, il dott. Tadeusz Kleindienst, un chimico dell'atmosfera dell'Environmental Protection Agency (EPA), ha spiegato che l'isoprene "è l'idrocarburo più importante dopo il metano". Il tempo di reazione dell'isoprene con i radicali ossidrile (OH), che sono considerati dai ricercatori i "detergenti dell'atmosfera", è molto breve.

"Se si mescolano emissioni provenienti dalla città con emissioni provenienti dalle piante, esse interagiscono fino ad alterare la composizione chimica dell'atmosfera" ha spiegato il leader del progetto Paul Wennberg, docente di Chimica atmosferica e scienze ambientali presso il California Institute of Technology (Caltech) negli Stati Uniti. "C'è molto più isoprene tra le emissioni nell'atmosfera rispetto a tutti gli altri gas (benzina, prodotti chimici industriali) rilasciati da attività umane, con l'importante eccezione del metano e del biossido di carbonio."

Gli scienziati hanno condotto una serie di test di laboratorio che mostrano che, quando le concentrazioni di monossido di azoto (NO) sono basse (simili ai livelli trovati in aree prevalentemente disabitate), l'ossidazione dell'isoprene da parte degli OH produce sostanziali quantità di idroperossido ossidrilico. L'OH ossida ulteriormente l'isoprene e genera sostanze chimiche chiamate diidroperossidi (conosciute anche come epossidi), che si convertono in aerosol.

L'autore principale, Fabien Paulot, uno studente specializzando del Caltech e i suoi colleghi hanno prodotto epossidi ponendo isoprene e perossido di idrogeno in un sacco di Teflon contenente 800 litri di aria non inquinata. Dopo aver introdotto isoprene e perossido di idrogeno (come fonte di OH) hanno illuminato la miscela con luce ultravioletta (UV) la quale ha innescato le reazioni chimiche.

Secondo i ricercatori, gli epossidi così ottenuti sono molto solubili e si dissolvono facilmente in gocce di umidità nell'aria, formando effettivamente aerosol ricchi di materiale organico.

"Questi epossidi sono una colla naturale" ha commentato il professor Wennberg. "Quando questi epossidi si scontrano con particelle acide, formano la colla. Gli epossidi precipitano fuori dall'atmosfera e si attaccano alle particelle, facendole crescere e causando una minore visibilità nell'atmosfera."

Gli scienziati hanno ribadito che la trasformazione degli epossidi in aerosol è di solito maggiore in ambienti inquinati, perché l'acidità degli aerosol è generalmente maggiore in presenza di attività umane.

Che impatto hanno queste particelle? Secondo il professor John Seinfeld del Caltech, "È stato dimostrato che esse hanno conseguenze per la salute umana perché sono abbastanza piccole da penetrare in profondità nei polmoni.

"Inoltre gli aerosol condizionano il clima della Terra attraverso la dispersione e l'assorbimento delle radiazioni solari e perché costituiscono i nuclei attorno ai quali si formano le nuvole. È quindi importante sapere da dove vengono queste particelle".

Questa scoperta può aiutare gli scienziati a sviluppare modelli di chimica globale di gas-arosol e i ricercatori a capire meglio come funziona la chimica dell'isoprene nelle zone più remote del mondo.

"L'aspetto più importante del lavoro di Paulot et al. è forse il suo valore pratico" ha detto il dott. Kleindienst. "I modelli di qualità dell'aria per la formazione secondaria di aerosol organico usati dagli enti di controllo, come l'EPA negli Stati Uniti, sono generalmente limitati nel loro potere di fare previsioni perché si basano su esperimenti che danno una produzione di aerosol parametrizzata a partire da composti reagenti precursori".

"Mettere insieme i meccanismi chimici derivati dagli studi sperimentali del dott. Paulot et al. e i modelli deterministici di chimica dei gas-aerosol dovrebbe contribuire a migliorarne le capacità di fare previsioni."

Tra gli altri partecipanti allo studio ricordiamo l'Università di Copenhagen in Danimarca e l'Università di Otago in Nuova Zelanda.

Fonte: Cordis

lunedì 17 agosto 2009

LE SOSTANZE TOSSICHE E CANCEROGENE NELLE ACQUE, QUESTE SCONOSCIUTE

MICROCONTAMINANTI

Per sostanze tossiche o veleni si intendono quelle sostanze che, una volta entrate nell'organismo, provocano immediatamente oppure a medio o lungo termine, disturbi ad una o più parti e funzioni dell'organismo, fino a provocare, a volte, la morte.
Non è possibile, per tutte le sostanze, porre un limite ad esempio tra tossico e alimento o addirittura medicamento.
Infatti certe sostanze che sono indispensabili all'organismo, in determinate quantità, come zinco, fluoro,ecc., sono contemporaneamente tossiche se somministrate in concentrazioni elevate . Lo stesso dicasi per certi alimenti come ad esempio gli alcoolici, la caffeina ecc.Quindi il giudizio analitico su questo gruppo di sostanze richiede molta competenza.
L'acqua potabile, a causa del massiccio inquinamento delle acque superficiali, può divenire una via di penetrazione delle sostanze tossiche e pertanto dovrà essere posta grande attenzione al riguardo in sede analitica.
Nelle acque superficiali da destinare ad uso potabile, le quantità di sostanze tossiche presenti non sono mai eccessive,a meno di scarichi industriali accidentali, ma in piccole quantità ed è per questa ragione che vengono indicate col nome di microcontaminanti.
In sintesi la microcontaminazione dell'acqua è provocata da: composti organici, quali arsenico, bario, cadmio,cromo, piombo, selenio,mercurio,zinco,idrocarburi aromatici policiclici, pesticidi e composti organoclorurati..
Caratteristiche fisiche: la radioattività.

ARSENICO
L'arsenico, se presente nelle acque da adibire ad uso potabile a causa della presenza di insetticidi o da scarichi industriali, non può superare la concentrazione di 0,05 mg/litro.
A dosi crescenti provoca diaree, è veleno del cuoree dei vasi, ed è cancerogeno.
Gli impianti tradizionali di trattamento non lo eliminano, per questa ragione il limite nelle acque da adibire ad uso potabile è lo stesso di quello stabilito per l'acqua potabile; 0,05 mg/litro.
Gli impianti di trattamento che prevedono come fase finale la filtrazione su carbone attivo fanno registrare notevoli diminuzioni nel contenuto di microinquinanti nell'acqua e quindi anche di arsenico.

BARIO
Il bario non è ammesso sia presente nelle acque potabili in concentrazioni superiori a 0,1 mg/litro.
Proviene da scarichi industriali e, nonstante sia, in piccole quantità, stimolante del muscolo cardiaco, classificato tra i veleni del sistema nervoso centrale.Anche gli impianti di trattamento che prevedono, dopo la coagulazione sedimentazione e la filtrazione lenta su quarzite, la filtrazione su carbone attivo, fanno registrare delle modeste riduzioni del contenuto di bario.

domenica 16 agosto 2009

BIOCONCENTRAZIONE E BIOACCUMULO DEI METALLI PESANTI NEGLI ORGANISMI ACQUATICI

L'accumulo dei metalli da parte degli organismi acquatici, costituisce una componente fondamentale di molte valutazioni condotte dalle agenzie ambientali governative(ANPA 2000); in tali indagini , i valori dei fattori che esprimono quantitativamente tale accumulo sono considerati come un'espressione della potenzialità dei metalli di determinare un effetto avverso, cioè una alterazione delle caratteristiche strutturali/funzionali degli organismi.
In particolare, tali valori sono utilizzati come predittori della tossicita' cronica e come indicatori dell'intossicazione secondaria, cioè del danno che il metallo potrebbe detrminare in un organismo di elevato livello trofico per effetto della loro biomagnificazione.

I valori dei fattori che esprimono l'accumulo sono utilizzati anche per stabilire la priorità degli inquinanti da considerare nelle normative ambietali (UE 2000) e per analisi a livello di screening nella procedura di valutazione del rischio ecologico..Infine,congiuntamente alla persistenza nell'ambiente acquatico e alla tossicità acuta, l'accumulo viene utilizzato per identificare il pericolo di una sostanza, cioè per definire una proprieta' o una situazione che ha la potenzialità di causare, a medio-lungo termine, un effetto per gli organismi(approccio PBT= Persistence,Bioaccumulation,Toxicity).

L'accumulo può essere spresso da vari indicatori.La bioconcentrazione rappresenta l'accumulo netto nell'organismo di un elemento/sostanza, come risultato dell'esposizione all'elemento/sostanza presente nell'acqua; il bioaccumulo è invece l'accumulo netto di un elemento/sostanza nell'organismo come risultato dell'esposizione a tutte le possibili sorgenti (acqua, cibo) in cui si trova l'elemento/sostanza.
a biomagnificazione infine rappresenta l'incremento della concentrazione di un elemento/sostanza negli organismi dei livelli trofici più elevati come conseguenza dell'ingestione di organismi di livelli trofici inferiori (US EPA 2004).

FATTORI DI CONCENTRAZIONE
Per esprimere quantitativamente l'entità del bioaccumulo, della bioconcentrazione e della biomagnificazione si utilizzano dei fattori di concentrazione: il fattore di bioaccumulo(BAF) è il valore del rapporto tra la concentrazione dell'elemento nell'organismo e quella nell'acqua e nel cibo; il fattore di bioconcentrazione (BCF) è il valore di del rapporto tra la concentrazione dell'elemento nell'organismo e quello nell'acqua; il fattore di biomagnificazione (BMF) è il valore che esprime quanto la concentrazione dell'elemento in un organismo di un dato livello trofico superiore in concentrazione nel livello trofico inferiore.
I fattori di concentrazione rappresentano il più semplice modello per valutare l'accumulo : si tratta infatti di un modello a un solo compartimento che prevede la ripartizione dell'elemento/sostanza tra un mezzo di esposizione e un organismo e che ipotizza che l'accumulo/eliminazione possono essere descritti da ratei costanti mediante semplici equazioni.

sabato 4 luglio 2009

LA RADIOATTIVITA' NELLE ACQUE POTABILI.IMPOSTAZIONE DEI CONTROLLI

Il D.Lvo"Attuazione della direttiva 98/83 relativa alle acque destinate al consumo umano"
prevede esplicitamente e per la prima volta l'obbligo di verificare nelle acque ad uso potabile iol valore di due parametri relativi alla radioattività:
la concentrazione di TRIZIO e LA DOSE TOTALE INDICATIVA, che non dovrebbe superare i valori riportati dalla seguente tabella.

VALORI DI PARAMETRO STABILITI DAL D.L.vo31/01 PER LA RADIOATTIVITA'

categoria di radionuclidi-----------Valore di parametro da rispettare

---------------H-3-------------------------------100 Bq/L

---------dose indicativa*---------------------------0,10 mSv/anno


*ad eccezione del TRIZIO, RADON e prodotti di decadimento del RADON.

I controlli dovrebbero essere effettuati sia dal soggetto che fornisce acqua a terzi(controlli interni), sia dall'azienda sanitaria locale territorialmente competente (controlli esterni), che si avvale a tale scopo dell'agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), secondo programmi dettati dalle regioni nel rispetto di quanto stabilito dall'allegato II al decreto stesso.
Per quanto riguarda i parametri radimetrici, tuttavia, la frequenza, i metodi e i criteri per la scelta dei punti di controllo NON SONO ANCORA STATI DEFINITI, anche se emerge da più parti, con sempre maggiore insistenza l'esigenza di avviare nell'immediato tali verifiche.

I PARAMETRI OGGETTO DI INDAGINE

Entrambi i parametri previsti dal D.L.vo31/01 sono correlabili alla presenza nelle acque di radioattività di origine sia naturale che artificiale.
Il TRIZIO d origine naturale è cosmogenico e le sue concentrazioni nelle acque ad uso potabile sono generalmente trascurabili.
Una fonte artificiale(e potenzialmente importante), di TRIZIO, è invece legata agli scarichi di alcuni tipi di impianti nucleari e strutture di ricerca , anche se l'assenza in Italia di importanti fonti antropiche di questo tipo limita fortemente l'interesse nella verifica di tale parametro.

Di maggiore rilevanza è, invece, la verifica del VALORE DELLA DOSE TOTALE IDICATIVA (DTI)che rappresenta una misura nella quantità di radiazione assorbita dal corpo umano a causa dell'ingestione delle sostanze radiattive artificiali e naturali contenute nell'acqua.
La dose non può essere misurata direttamente ma viene stimata moltiplicando i valori di concentrazione di radioattività presenti nell'acqua per opportuni coefficienti di conversione che dipendono tra l'altro daql tipo di sostanza radioattiva presente.

In Italia, la presenza di radionuclidi artificiali nerlle acque si può ritenere per lo più irrilevante o comunque legata aol verificarsi di eventi accidentali recenti o significativi e che potrebbero interessare, per lo più,le fonti di approvvigionamento di acque suerficiali.
Di maggiore importanza è invece il contributo di radionuclidi di origine naturale, principalmente il 40K e alcuni degli isotopi appartenente alle serie radioattive di uranio e torio, che sono presenti nell'ambiente in modo ubiquitario, si trasferiscono nelle acque a seguito di fenomeni chimico-fisici(erosione,solubilizzazione,, diffusione, ecc)e partecipano al chimismo delle acque(soprattutto di quelle sotterranee) secondo meccanismi propri delle caratteristiche dell'acquifero e della specie chimica.
La valutazione del DTI richiederebbe, quindi la misura diretta almeno dei principali isotopi dell'URANIO( 238U,234U), e del RADIO(226Ra,238Ra, attraverso l'applicazione di metodi radiochimici specifici.
Tali metodi sono tuttavia onerosi in termini sia di tempo che di impegno di risorse strumentali e il numero di campioni analizzabili è di conseguenza limitato.
Anche per questo motivo i criteri di pianificazione delle indagini non possono generalmente ricalcare quelli già in atto per la verifica dei parametri chimici e/o biologici e richiedono una riflessione ad oc.

Un approccio indiretto nella verifica del valore DTI, adottato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, si basa sulla misura di due parametri indicatori del contenuto totale di radioattività, la concentrazione di attività alfa totale e beta totale, che richiedono l'utilizzo di metodi analitici meno complessi ed onerosi rispetto alla misura dei singoli radionuclidi e sono quindi applicabili ad un numero piu elevato di campioni.
In questo caso si suppone che il rispetto del valore do 0,1 mSv/anno per la DTI sia garantito dal rispetto dei valori di riferimento stabiliti per l'attività alfa e beta totale.Tuttavia la validità di questo approccio dipende dal contributo relativo di uranio e radio alla radioattività totale, che dovrebbe quindi essere confermato da qualche evidenza sperimentale.
E' probabile che questo approccio indiretto saqrà adottato anche nel previsto allegato alla direttiva 98/83/CE che non è stato ancora emanato, e che dovrebbe individuare i valori di riferimento con cui confrontare i risultati delle misure alfa e beta totale.

ALCUNI CRITERI PER L'IMPOSTAZIONE DEL CONTROLLO

La misura del contenuto di radiattività delle acque erogate dalle reti di distribuzione che servono i centri più densamente abitati consente di stimare la dose a una frazione significativa di popolazione.Un punto di prelievo rappresentativo della qualità dell'acqua distribuita potrebbe essere individuato in un punto di erogazione a valle di tutti i possibili processi di trattamento e miscelazione.
Se la radioattività riscontrata nellec acque è di origine esclusivamente naturale, o comunque non vi è motivo di supporre l'esistenza di situazioni di inquinamento antropico, si può ritenere,in prima istanza,che il contenuto di radioattività sia pressochè costante nel tempo.. In questi casi il campionamento potrebbe essere effettuato una sola volta per campagna.
Tuttavia variazioni del contenuto di radioattività naturale si osservano a volte in presenza acquedotti alimentati da più punti di approvvigionamento, nei quali siano modificate le quote di miscelazione di diversi pozzi.In questo casi, potrebbe essere opportuno ripetere i campionamenti con frequenza stabilita nell'arco di un anno allo scopo di stabilire gli intervalli di massima fluttuazione delle concentrazioni misurate.
In presenza di contaminazioni della falda d origine antropica, sia da radionuclidi artificiali (incidenti nucleari con conseguente fallout radioattivo, scarichi in ambiente legati all'esercizio di pratiche, ecc,), che naturali (presenza di attività industriali che utilizzano materiali ad alto contenuto di NORM, ecc), le frequenze di campionamento dovrebbero consentire di seguire l'evoluzione temporale del fenomeno in corso; la frequenza di campionamento dovrebbe essere quindi definita considerando fattori quali i tempi di residenza delle acque e i tempi di ricarica degli acquiferi.

LE SOSTANZE DISCIOLTE

Sono quelle presenti in forma molecolare o ionica (dimensione delle particelle minore di 10 A argmstrom. Queste si suddividono in sostanze gassose, sostanze organiche, silice e sali minerali.

I gas che si ritrovano più frequentemente sciolti nell'acqua sono: CO2,ANIDRIDE CARBONICA, O2 OSSIGENO, N2 AZOTO, OSSIDI DI AZOTO; un po più di rado si trovano pure ANIDRIDE SOLFOROSA, IDROGENO SOLFORATO e AMMONIACA.

La solubilità di questi gas è inversamente proporzionale alla temperatura e per quanto riguarda la pressione, è regolata dalla legge di HENRY.

LE SOSTANZE ORGANICHE derivano dai composti organici di vario genere presenti nel terreno (ACIDI UMICI), sia da derivati di origine naturale che artificiale.
Poichè l'eliminazione di queste sostanze, generamente indesiderate, avviene attraverso la loro ossidazione con specifiche sostanze chimiche,il valore complessivo di queste viene di solito indicato in PPM di permanganato di potassio KMnO4 o di ossigeno O2 che si dovrebbe consumare nel processo di ossidazione.

LA SILICE generalmente si trova in soluzione sotto forma di silicati solubili, ma in determinate condizioni può passare allo stato di gel di silice, restando in sospensione sotto forma colloidale.

I SALI presenti nelle acque si suddividono in SALI ALCALINI e SALI NEUTRI, a seconda che la loro presenza in solzione provochi o meno un abbassamento della acidita'e quindi un innalzamento del PH.

SALI ALCALINI: sono quei sali i cui anioni derivano da acidi deboli e che in soluzione danno luogo al fenomeno dell'idrolisi con formazione di alcali liberi.
Nel caso delle acque naturali, i sali alcalini sono soprattutto i bicarbonati alcalini ed alcalino terrosi; questi reagendo con l'acqua danno luogo alla formazione di H2CO3 ACIDO CARBONICO ( e quindi CO2 ANIDRIDE CARBONICA LIBERA) e dell'idrato corrispondente:

HCO3- + H20 --------------- H2CO3 + OH-

SALI NEUTRI: sono quei sali composti da cationi corrispondenti a basi forti e da anioni corrisponenti ad acidi forti e che quindi in acqua non si idrolizzano e non influiscono sul PH.
Fra questi il CaSO4 SOLFATO DI CALCIO, MgSO4 SOLFATO DI MAGNESIO,CaCl2 CLORURO DI CALCIO, KCl CLORURO DI POTASSIO.
Vi è da notare che esistono pure dei sali acidi, che sono quei sali i cui cationi derivano da basi deboli, e che quindi in acqua si idrolizzano liberando l'acido corrispondente all'anione; i più importanti sono i sali fi Fe FERRO ed Al ALLUMINIO,
ma essendo presenti in piccola percentuale nelle acque naturali, l'effetto dei sali basici sovrasta di gran lunga il loro.

TUTTI QUESTI SALI SONO DISCIOLTI IN ACQUA IN FORMA DI IONI CHE A LORO VOLTA POSSONO ESSERE SUDDIVISI IN:

CATIONI: di cui i più comuni nelle acque naturali sono:

Ca2+, Mg2+,Na+,K+,Fe2+,Al2+ e tracce di altri come Mn2+,Zn2+,Cu2+

ANIONI: di cui i più comuni nelle acque naturali sono: HCO3-,Cl-,SO4--,SiO3--,NO3- e talvolta F-.

Lo ione NO2- nitrito, può essere presente in piccole quantità derivanti dalla prziae ossidazione di sostanze albuminoidi, e ciò allora indica inquinamento da acque nere.

domenica 8 marzo 2009

TOSSICITA' DEI COMPOSTI ORGANOCLORURATI E CRITERI DI QUALITA'

PESTICIDI, PROPAGAZIONE NELL'ATMOSFERA E LORO RILEVAZIONE NELLE ACQUE POTABILI

I composti organoclorurati (OCs) rappresentano una classe di composti di grande interesse ambientale, dovuto alla loro persistenza e al loro utilizzo nei paesi in via i sviluppo.Le immissioni di tali composti organici in atmosfera dipendono da diverse tipologie di sogenti:impianti di incenerimento rifiuti solidi urbani, trasformatori e condensatori contenenti PCB, applicazioni di pesticidi su culture e sementi nel caso dei fitofarmaci, trattamenti igienico sanitari di luoghi pubblici.
Una volta raggiunti gli alti strati dell'atmosfera, si assiste ad un processo di ridistribuzione attraverso una successione d cicli di volatilizzazione-deposizione tra suolo,acqua e aria, il cosiddetto EFFETTO CAVALLETTA .
Questi cicli si susseguono in funzione delle proprietà partitive delle sostanze e delle condizioni climatico ambientali.Le aree a clima caldo e temperato sono quelle dove i fenomeni d'evaporazione sono favoriti, e quindi. possono essere considerate fonti potenziali di contaminazione; nelle regioni a clima freddo( zone remote fredde),si ha una prevalenza di fenomeni di condensazione, rendendole luoghi ideali di accumulo.

Queste condizioni provocano un movimento netto di inquinanti dalle aree calde alle aree fredde

del pianeta e spiega l'entità della contaminazione rilevata nelle aree polari.

Riguardo al ruolo della temperatura nella distribuzione ambientale di queste sostanze su scala globale, WANIA e MACHAY (1933) hanno ipotizzato l'esistenza di un processo di distillazione globale in cui i composti organici vengono frazionati in funzione della latitudine.I composti troppo volatili sono poco soggetti a fenomeni di deposizione, mentre quelli poco volatili tendono a depositarsi in prossimità delle zone di utilizzo.Essi quindi condensano a differenti temperature a seconda della loro volatilità; questo susseguirsi di fenomeni di distillazione e condensazione sembrerebbe particolarmente efficace per il trasporto a lunga distanza dei composti a volatilità intermedia, in quanto hanno una volatilità sufficientemente alta per evaporare dalle zone di utilizzo alle medie latitudini, ma abbastanza bassa da determinare un aumento apprezzabile della loro deposizione e ripartizione nei comparti ambientali nelle zone fredde.

L'INQUINAMENTO DI ORIGINE ATMOSFERICA E' QUINDI LA SORGENTE PRIMARIA DI CONTAMINAZIONE DELLE AREE REMOTE, definite come luoghi non soggetti a sorgenti proprie di inquinamento.

Le regioni che solitamente vengono considerate come REMOTE FREDDE sono i Poli, cioè l'Artide e l'Antartide,.La catena Himalayana, per ciò che concerne le condizioni ambientali e climatiche, assomiglia molto ai Poli: infatti è una zona sempre fredda e ricoperta da nevi perenni e ghiaccio al disopra dei 5000 metri di altitudine.

In base alla latitudine, invece, l'Himalaya risulta molto più simile alle aree più abitate.

martedì 24 febbraio 2009

LE SOSTANZE IN DISPERSIONE COLLOIDALE

Sono quelle formate da particelle aveni dimensioni comprese tra quele delle molecole e ioni delle comuni soluzioni e quelle delle particele dei materiali in sospensione; all'incirca tra 0,1 micron e 0,001 micron.
La loro natura può essere organica ( es. acidi umici) o inorganica (es.silice colloidale).

MATERIALI SOSPESI

Sono quelli che non si disciolgono in acqua e che possono essere allontanati o separati per filtrazione.
Essi possono essere solidi,per esempio detriti minerali e vegetali, o liquidi, per esempio globuli oleosi.In entrambi i casi la grandezza delle loro particelle è maggiore do 0,1 micron.
Il contenuto di sostanze solide sospese, che danno all'acqua ua torbidità più o meno elevata, è maggiore nelle acque superficiali che non in quelle sotterranee, di sorgente o di pozzo, per via dell'azione filtrante svolta dal terreno;e fra queste più abbondante nelle acque correnti a corso rapido (torrenti, corsi d'acqua in periodi di piena) rispetto a quelle stagnanti o a corso lento, in quanto in quest'ultime la maggior parte dei corpuscoli sospesi hanno tempo di sedimentare.

mercoledì 18 febbraio 2009

SOSTANZE CONTENUTE NELLE ACQUE NATURALI

Ogni acqua naturale contiene diverse sostanze in quantità e qualità variabili, in relazione aco "la storia" dell'acqua stessa, cioè il ciclo idrologico.
Evaporando dalla superficie terrestre sotto l'azione del calore fornito dal , le acque dei mar, dei fiumi, dei laghi ecc. si liberano dai sali e dagli altri minerali in esse contentuti.
Quando l'umidità atmosferica condensa e cade come pioggia, vengono disciolti i gas dell'atmosfera, cioè essenzialmente ossigeno ed anidride carbonica.
Negli strati bassi dell'atmosfera la pioggia incontra poui pulviscolo, fuliggine, batteri e spore di organismio microscopici, n modo che l'acqua piovana, al momento in cui raggiunge la superficie terrestre, contiene già un discreto numero di sostanze disciolte o sospese.
Infiltrandosi nel terreno, l'acqua meteorica dissolve diverse sostanze e a sua volta si spoglia dei materiali in sospensione per l'azione filtrante del terreno stesso.
Ecco che ritornando nuovamente al suolo, sotto forma di pioggia o di neve, l'acqua forma i torrenti ed i fiumi in superficie, oppure penetra nel terreno per riemergere in punti diversi sotto forma di torrenti.
La presenza di gas disciolti nelle acque piovane aumenta notevolmente il potere solvente delle acque.In effetti la prresenza di ossigeno ari a circa 10 ppm A 10-20°C e anidride carbonica libera le conferiscono una cvapacità aggressiva tale da poter disciogliere le sostanze minerali sulla superficie terrestre su cui scorrono.
In particolare l'anidride carbonica provoca la solubilizzazione dal CaCO3 dellle rocce calcaree ed agisce in modo analogo sulle rocce a base di magnesite MgC03, dolomite MgCO3.CaCO3, ed altri carbonati.
Questi carbonati poco solubili, che vengono aggrediti dall'acido carbonico contenuto ell'acqua, vengono trasformati nei corrispondenti bicarbonati, più solubili.
Talvolta l'azione delle acque acide per acido carbonico è così energica da alterare la natura del terreno.
Esempio tipico è la decalcificazione pressochè totale dei terreni calcarei, a seguito della quale non imangono in superficie che ossidi di ferro indisciolti(fertilizzazione).
Otre a ciò, lìaione abrasiva dell'acqua porta al distaccodei minerali insolubili di minute paricelle che rimangono per un tempo più o meno lungo in sospensione nel liquido.
La presenza di ossigeno disciolto è causa di reazioni di ossidoriduzione aventi grande influenza sul PH.
Le sostanze cotenute nelle acque naturali, presenti in quantità più o meno elevate, non tutte nocive ma alcune indispensabili alla vita vegetale ed animale, si possono dividere in tre categorie:
-SOSTANZE DISCIOLTE
-SOSTANZE IN SOSPENSIONE COLLOIDALE
-MATERIALI SOSPESI

PFAS COME EIMINARLI DALL'ACQUA POTABILE

  Pfas: qualcuno sa come eliminarli dall’acqua potabile Una ricerca della British Columbia University ha messo a punto uno sp...