giovedì 18 febbraio 2010

SOLE E BROMO OSSIDANO IL MERCURIO IN ATMOSFERA CHE DIVIENE METILMERCURIO ALTAMENTE TOSSICO PER L'AMBIENTE

"L'impronta digitale" che svela il destino del mercurio nell'Artico


Il mercurio è presente prevalentemente in fase gassosa nell'atmosfera costituendo un potenziale inquinante "globale". Esso, infatti, nella forma elementare non è nocivo, ma lo diventa ossidandosi.



I ricercatori dell'Università del Michigan hanno scoperto il modo per monitorare la presenza di mercurio negli ecosistemi artici, attraverso "l'impronta digitale". La scoperta offre una nuova visione su ciò che succede al mercurio quando dall'atmosfera è depositato sulla neve dell'Artico. I ricercatori, secondo quanto si legge sulla rivista Nature Geoscience, sono riusciti a "seguire" tutte le tappe in cui il mercurio, da uno stato "non particolarmente nocivo" per l'ambiente, si trasforma in una sostanza altamente tossica per gli animali e anche per gli esseri umani.



Le analisi svolte hanno, infatti, evidenziato l'esistenza di "un'impronta digitale", che il metallo lascia sulla neve attraverso il fenomeno del frazionamento isotopico, che può essere utilizzato per studiare l'andamento di queste reazioni nei ghiacci attraverso il tempo. Il mercurio è stato dimostrato che, quando viene rilasciato dall'atmosfera e rimane in forma gassosa, non rappresenta, come affermano i ricercatori, "un vero problema ambientale".


L'elemento chimico diventa invece molto pericoloso quando, attraverso un processo che coinvolge la luce del sole e spesso l'elemento del bromo, viene ossidato: depositandosi sul suolo e nell'acqua dopo che viene prelevato da microrganismi che lo convertono in metilmercurio, diviene altamente tossico per l'ambiente, per i pesci ed animali. Inoltre è provato che provoca danni anche agli esseri umani, colpendo il sistema nervoso centrale, il cuore e il sistema immunitario. "La scoperta ci ha permesso di utilizzare le impronte digitali per misurare la quantità di mercurio che entra in circolo negli ecosistemi artici" ha affermato Laura Sherman, primo autore dello studio.



"I nostri esperimenti - continua la scienziata - hanno dimostrato che una porzione significativa del mercurio depositato sulla neve ritorna nell'atmosfera e questo processo produce un'impronta digitale unica, che possiamo utilizzare per studiarne l'andamento nel tempo".

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